UNIONI CIVILI: MANIF POUR TOUS ITALIA ANNUNCIA MOBILITAZIONE GENERALE

“L’esperienza internazionale certifica che le unioni civili sono solo il primo passo nella direzione della rottamazione del matrimonio, per ridefinire ideologicamente la realtà della famiglia e sradicare le figure del padre e della madre”. È quanto denuncia Filippo Savarese, portavoce de La Manif Pour Tous Italia, alla conferenza stampa di oggi al Senato. In occasione della prima approvazione in Commissione Giustizia del ddl Cirinnà che istituisce le “unioni civili tra persone dello stesso sesso” e disciplina le “convivenze di fatto”, La Manif Pour Tous Italia annuncia una mobilitazione generale dei suoi circa 50 circoli territoriali che porti ad iniziative di vasto e pubblico dissenso.

“Chiunque si illude di aprire una breccia nel diritto di famiglia e di arginare allo stesso tempo il fiume in piena che preme dall’altra parte del muro – continua Savarese – o non ha capito che aria tira in Occidente o è un ipocrita connivente. In ogni caso non gli lasceremo sfasciare un patrimonio antropologico che vogliamo consegnare intatto alle future generazioni per il loro maggior bene”.

 Lo stesso Matteo Renzi, aderendo al Family Day del 2007, ha detto che “non c’è bisogno di essere cattolici per difendere la famiglia”. Ed è proprio con questo scopo che è nata La Manif Pour Tous Italia, con l’intento di riunire cittadini di ogni provenienza sociale, culturale, politica e religiosa. “Matteo Renzi disse anche che il Governo Prodi non poteva ignorare la presenza in piazza di un milione di manifestanti contro i Dico – sostiene il portavoce Savarese -. Crede che sarebbero di meno contro il vero e proprio matrimonio gay a cui mira il ddl Cirinnà? Chiediamo a Renzi: rottami quello che frena l’Italia, ma non la famiglia che la sostiene!”.

 La Manif Pour Tous Italia ricorda che, richiamando l’esigenza di una legge, la Corte Costituzionale non ha imposto di riconoscere l’unione di fatto in sé, incidendo inevitabilmente sulla disciplina matrimoniale, ma di riconoscere i diritti individuali dei suoi componenti, cosa che la legislazione attuale in gran parte già fa. La Consulta ha smentito categoricamente che in tema di unioni omosessuali e famiglia sia da applicare il principio di uguaglianza, poiché, afferma la Corte, “le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio”, in virtù della “(potenziale) finalità procreativa” che caratterizza solo quest’ultimo (sent. 138/2010).

 Le unioni civili, secondo La Manif Pour Tous Italia, sarebbero un vero e proprio “Cavallo di Troia” del Partito Democratico per “smantellare il diritto di famiglia – fondato sull’unione tra un uomo e una donna naturalmente orientata all’accoglienza e alla cura della vita – e aprire anche in Italia quel grande mercato dei figli ad ogni costo tramite eterologa e utero in affitto, già praticato dove queste riforme sono in vigore da tempo. L’equiparazione sostanziale delle unioni civili al matrimonio (di fatto una vera e propria forma di matrimonio gay)  e l’attribuzione di “due padri” o “due madri” ai figli di uno dei due componenti dell’unione, introducono nell’ordinamento italiano il virus della teoria del gender. Questa ideologia, con l’assist di Tribunali e Corti nazionali e sovranazionali, infetterebbe in poco tempo l’intero sistema giuridico riferito alla famiglia e alla filiazione, come già accaduto in altri Stati dell’Unione Europea”.

 Per quanto riguarda la stepchild-adoption, l’adozione interna alla coppia, La Manif Pour Tous la definisce “inaccettabile”. “Chiunque deve poter esercitare in pace e libertà il pieno diritto di condividere con altri la propria esistenza, ma ciò non significa avallare quel mercato dell’umano che priva in modo inaccettabile una persona del diritto di crescere con suo padre e sua madre, come fa proprio il ddl Cirinnà. La legge già prevede gli strumenti perché un genitore possa legittimare terzi alla partecipazione nella vita dei propri figli – dalla scuola alla sanità – senza tuttavia mettere in dubbio che genitori di un figlio a pieno titolo legale possano essere contemporaneamente sempre e solo un uomo e una donna. Tutti i limiti che la legge pone al rapporto tra un adulto e i figli del proprio compagno dello stesso sesso non sono affatto un’ingiustizia, ma il frutto di una situazione viziata all’origine dalla volontà della coppia di privare i figli del padre o della madre”.

 L’avvocato Simone Pillon, consigliere nazionale del Forum delle Associazioni Familiari e membro della Commissione per le Adozioni Internazionali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha rilevato come in realtà “le norme del ddl Cirinnà consentono ai giudici di superare agevolmente il limite della stepchild-adoption, permettendo a coppie di persone dello stesso sesso l’accesso a ogni ipotesi di adozione prevista dal nostro ordinamento e non solo quella del figlio del partner”. Pillon ha passato in rassegna le sentenze europee che confermano questa tendenza: “Anche l’Austria aveva posto il limite dell’adozione interna – afferma Pillon – ma la giurisprudenza della Corte di Strasburgo non consente soluzioni a metà, o tutto o niente, e le Corti austriache hanno dovuto aprire alle adozioni gay. È la sorte che toccherebbe all’Italia se il ddl Cirinnà fosse approvato”.

 Maria Cristina Maculan dell’Associazione Nazionale Famiglie Numerose ha denunciato il “totale degrado politico che da decenni riguarda la famiglia in Italia”. In particolare ha ricordato come secondo “i dati dell’Istat sulla povertà in Italia, le famiglie con almeno 3 figli in condizione di povertà relativa sono arrivate al 34,6%, mentre quelle in povertà assoluta sono arrivate all’8,3% con 3 figli, all’11,8% con 4 e al 22,1% con 5 o più”. Maculan invoca, in attuazione della Costituzione, una “riforma fiscale generale che tenga conto dei carichi familiari, la revisione dei sistemi tariffari, l’aumento degli Assegni Familiari, la revisione dell’ISEE, attualmente iniquo, e dei ticket sanitari per le famiglie numerose”. “Tra le soluzioni più urgenti – conclude Maculan – c’è quella che permetta alle donne di non rinunciare alla maternità e alla cura dei figli per l’impossibilità di conciliare con il lavoro quella loro ‘essenziale funzione familiare’ che la stessa Costituzione tutela all’art. 37”.

Per la libertà di opinione.