E’ stato uno dei discorsi più applauditi di Humanum, il convegno organizzato in Vaticano per ragionare sulla bellezza della complementarità uomo-donna, a cui hanno partecipato alcune fra le personalità religiose più auterovoli del pianeta: il magistrale intervento dell’ex rabbino capo d’Inghilterra, Lord Jonathan Sacks, ha ripercorso la storia del matrimonio (dal primo atto sessuale tra due pesci, 385 milioni di anni fa in Scozia, fino ai giorni nostri) provocando la standing ovation dei presenti.
Ve ne proponiamo una sintesi tradotta in italiano:
“Stamattina voglio cominciare il nostro colloquio raccontando la vicenda della più bella idea nella storia della nostra civiltà: l’idea dell’amore che porta nuova vita nel mondo (…). Per me la storia si snoda in sette momenti chiave, ognuno dei quali sorprendente e inatteso. Il primo, stando a quanto ha riferito la stampa il 20 ottobre scorso, ebbe luogo in Scozia 385 milioni di anni fa. Fu allora che, secondo recenti scoperte, due pesci si unirono per compiere il primo atto sessuale riproduttivo noto alla scienza. (…) La vita comincia quando maschio e femmina si incontrano e si uniscono.
Il secondo, inatteso, sviluppo fu rappresentato dalla singolare sfida posta all’Homo Sapiens da due fattori: la posizione eretta, che comprimeva il bacino femminile, e un cervello più grande – del 300% – il che significava una testa più grande. Ne risultò che i piccoli dell’uomo dovevano nascere molto prima di quelli di tutte le altre specie, necessitando di conseguenza della protezione parentale per un periodo di tempo molto più lungo. Ciò fece sì che il ruolo parentale fosse tra gli uomini molto più impegnativo, tanto da richiedere la presenza di due figure anzichè di una sola. Di qui il fenomeno, assai raro tra i mammiferi, del legame di coppia, a differenza di quanto avviene con altre specie, dove il contributo del maschio termina con l’atto della fecondazione. (…) Assieme alla persona umana emerse allora anche l’unione della madre e del padre biologici che si prendono entrambi cura del proprio piccolo.
(…) Poi venne l’agricoltura e il surplus economico, le città e la civilizzazione, e per la prima volta affiorarono forti disuguaglianze tra ricchi e poveri, potenti e non. (…) La manifestazione più ovvia di potere tra i maschi alfa, si tratti di uomini o di primati, è dominare l’accesso alle donne fertili, massimizzando la possibilità di trasmettere i propri geni alle generazioni future. Di qui la nascita della poligamia (….) che è l’espressione ultima di disuguaglianza perchè comporta che molti maschi non abbiano mai la possibilità di avere una moglie e dei figli. E l’invidia sessuale, nel corso della storia, è stata una delle cause prime di violenza, sia tra gli uomini che tra gli animali.
Ecco perchè il primo capitolo della Genesi è così rivoluzionario, con la sua affermazione che ogni essere umano, a prescindere dalla classe, dal colore, dalla cultura o dal credo, è a immagine e somiglianza di Dio stesso. Nel mondo antico erano i re, gli imperatori e i faraoni ad essere considerati a immagine di Dio. Il messaggio che la Genesi introduceva era che siamo tutti sovrani. Che abbiamo tutti uguale dignità, nel regno della fede, sotto la sovranità di Dio.
Da questo deriva il medesimo diritto, per ciascuno, di unirsi in matrimonio e di avere dei figli, il che spiega perchè, comunque si legga la storia di Adamo ed Eva – e vi sono differenze tra la visione ebraica e quella cristiana – la norma che il racconto sottintende è: una donna, un uomo.
(….) Vi è inoltre uno stretto legame tra monoteismo e monogamia. (…) Dietro entrambi risiede la relazione onnicomprensiva tra l’Io e il Tu, tra me stesso e un altro, si tratti di un uomo o di un “altro” che è il Divino. Con la monogamia il ricco e potente ci rimette, mentre ci guadagna il povero e chi il potere non ce l’ha. Pertanto il ritorno della monogamia rappresentò il vero trionfo del principio di pari dignità per tutti.
(…) Il quarto, notevole, avanzamento fu il modo con cui questo trasformò la morale. (….) Proprio come Dio creò il mondo naturale con amore e misericordia, nello stesso modo noi siamo chiamati a creare il mondo sociale. E quell’amore è una fiamma che risiede nel matrimonio e nella famiglia. La moralità è l’amore tra marito e moglie, genitore e figlio, esteso al resto del mondo.
Il quinto progresso forgiò l’intera esperienza ebraica. In Israele un tipo di accordo, in origine secolare, chiamato alleanza, fu adottato e trasformato per identificare il modo con cui si pensa il rapporto tra Dio e l’umanità (…). Un’alleanza è come un matrimonio. E’ un reciproco impegno di lealtà e fiducia tra due o più persone, ciascuna rispettosa della dignità e dell’integrità dell’altro, per cercare di ottenere insieme quello che nessuna può raggiungere da sola.
(…) Il che ci conduce alla sesta, sottile, considerazione che la verità, la bellezza, la bontà e la vita stessa, non esistono in una singola persona o entità ma risiedono nel mezzo, “tra” di esse.
(…) Tutto questo porta alla settima conseguenza, ovvero che nell’ebraismo la casa e la famiglia diventano il posto centrale per vivere la fede. (…) Abramo fu scelto non per guidare un impero, comandare un esercito, compiere miracoli o fare profezie, ma semplicemente per essere un genitore.
(…) Il matrimonio e la famiglia sono il luogo dove abita la fede e dove dimora la Presenza Divina nell’amore tra marito e moglie, genitore e figlio.
Che cosa è cambiato, allora? C’è un solo modo per spiegarlo. Alcuni anni fa scrissi un libro sul rapporto tra scienza e religione, e sintetizzai la differenza tra le due in un paio di frasi: “La scienza divide le cose per vedere come funzionano. La religione unisce le cose per vedere cosa significano”. In modo analogo va considerata anche la cultura. Unisce le cose o le divide?
Ciò che ha reso speciale la famiglia tradizionale è ciò che la univa: il desiderio fisico e sessuale, l’amicizia, la compagnia, l’affinità emotiva e l’amore, il fatto di generare, crescere e prendersi cura dei figli, educarli e dotarli di un’identità e di una storia (…). Per una lunga serie di ragioni, alcune legate allo sviluppo della medicina (come il controllo delle nascite, la fecondazione in vitro e altri interventi nel campo della genetica), alcune dovute a un cambiamento nella morale (come l’idea che siamo liberi di fare tutto ciò che ci pare purchè non danneggiamo nessun altro), alcune derivanti dall’aver trasferto le responsabilità dall’individuo allo Stato, e ancora a causa di altri cambiamenti più profondi nella cultura occidentale, quasi tutto quello che il matrimonio univa e metteva insieme è stato ora diviso.
Il sesso è stato separato dall’amore, l’amore dall’impegno, il matrimonio dalla generazione dei figli e la generazione dei figli dalla cura dei figli stessi.
Il risultato è che in Inghilterra nel 2012, il 47,5% dei bambini è nato fuori dal matrimonio e si prevede che nel 2016 essi saranno la maggioranza. Sempre meno persone si sposano, quelle che lo fanno si sposano più tardi e il 42% dei matrimoni si conclude con un divorzio. Nè si può dire che la convivenza abbia sostituito il matrimonio. La durata media di una convivenza in Inghilterra e negli Stati Uniti è di due anni. Il risultato è un forte aumento, tra i giovani, di disordini alimentari, di abuso di alcool e droghe, di sindromi legate allo stress, di depressione e suicidi, commessi e tentati. Il crollo del matrimonio ha creato una nuova forma di povertà che colpisce soprattutto le famiglie composte da un solo genitore e tra queste, il peso maggiore grava sulle spalle delle donne, il 92% delle quali, nel 2011 gestiva da sola la famiglia monoparentale. In Inghilterra oggi oltre un milione di bambini nasce senza aver mai avuto nessun tipo di contatto con il proprio padre. Il che sta creando una divisione all’interno della società come non si vedeva da quando, oltre un secolo fa, Disraeli parlò di “due nazioni”. Coloro che sono privilegiati e hanno la fortuna di crescere all’interno di un legame amorevole e stabile tra le due persone che li hanno messi al mondo saranno, mediamente, più sani fisicamente e mentalmente. Avranno risultati migliori a scuola e sul lavoro, e più successo nelle relazioni sentimentali. Saranno più felici e vivranno più a lungo. Certo ci sono le eccezioni, ma questa ingiustizia grida vendetta.
Questa settimana, in Inghilterra, esce un nuovo film che racconta la storia di una delle grandi menti del XX secolo, Alan Turing, matematico a Cambridge, che contribuì a porre le fondamenta della scienza informatica e dell’intelligenza artificiale (….). Dopo la Guerra, Turing fu arrestato e processato per comportamenti omosessuali, fu sottoposto a castrazione chimica e morì a 41 anni per avvelenamento da cianuro, che però alcuni imputarono a suicidio.
Non dovremmo mai più tornare a un mondo simile.
Ma la nostra compassione per coloro che scelgono di vivere diversamente non deve fermarci dal difendere l’istituzione che più di tutte nella storia ci rende umani. La famiglia, uomo donna e bambino, non è uno stile di vita tra i tanti. E’ il modo migliore che sia stato finora scoperto per prendersi cura delle generazioni future e permettere ai bambini di crescere all’interno di un modello di stabilità e amore. E’ il luogo all’interno del quale impariamo la delicata coreografia dei rapporti e come gestire gli inevitabili conflitti che sorgono in ogni gruppo di esseri umani. E’ dove per la prima volta ci apriamo al rischio di dare e ricevere amore. E’ dove una generazione trasmette i suoi valori a quella seguente, garantendo la continuità della civilizzazione. Per ogni società, la famiglia è il centro del suo stesso futuro e per il bene del futuro dei nostri figli noi abbiamo il dovere di difenderla.