FIRMA LA PETIZIONE A MATTEO RENZI: http://www.citizengo.org/it/17816-litalia-si-opponga-al-mercato-dei-figli
Nel 2010 una coppia di coniugi italiani di 55 e 43 anni, non potendo avere figli in modo naturale a causa dell’infertilità della donna, si è recata in Russia per sfruttare la pratica dell’utero in affitto (vietata e punita in Italia). Nel 2011 ha ricevuto un bambino in cambio di 50.000 euro.
I pubblici uffici italiani hanno respinto la richiesta dei coniugi di trascrivere l’atto di nascita del bambino, che non aveva legami biologici nemmeno con l’uomo (non solo, ovviamente, gli ovuli ma anche gli spermatozoi erano stati comprati da estranei prima dell’impianto nell’utero della madre portatrice).
Contro i coniugi è stata così aperta una procedura di modifica dello stato civile, nel corso della quale i giudici italiani, in considerazione dell’interesse superiore del bambino e del comportamento illegale della coppia, hanno deciso di rimuovere il minore da quel contesto per affidarlo ai servizi sociali. Dal gennaio 2013 il bambino vive con una nuova famiglia, individuata secondo tutti i criteri di garanzia e adeguatezza richiesti dalla legge.
I coniugi hanno allora fatto ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Con una incredibile sentenza, il 27 gennaio 2015 la Seconda Sezione della Corte ha condannato l’Italia al pagamento di 30.000 euro di danni e rimborsi a favore della coppia. La Corte ha ritenuto violato il diritto dei coniugi alla vita privata familiare.
Dopo aver ribadito che, in teoria, ogni Paese è libero di valutare autonomamente la questione della liceità dell’utero in affitto, e che i coniugi hanno effettivamente messo in pratica un comportamento illegale secondo il diritto italiano, la Corte ha però ritenuto non proporzionata la decisione di allontanare il minore dalla coppia, poiché i mesi di convivenza avevano creato, di fatto, uno stato familiare di per sé degno di tutela nell’interesse del minore.
Nelle loro opinioni dissenzienti allegate alla sentenza, i giudici Raimondi e Spano hanno però affermato che se gli Stati non sono liberi di negare alla pratica dell’utero in affitto qualsiasi effetto giuridico nel proprio ordinamento, la loro autonomia è allora sostanzialmente nulla.
Con la sua ingiusta decisione, la CEDU ha creato un regime di tolleranza legale intorno alla barbara pratica dell’utero in affitto. In nessun caso si può limitare la libertà degli Stati di non riconoscere un “diritto di vita privata familiare” nella situazione nata dalla violazione della legge e dei più elementari diritti umani.
Il Governo Italiano ha la possibilità di ricorrere alla Grande Camera della CEDU contro questa sentenza, evitando che l’Italia faccia il suo ingresso nel grande mercato internazionale dei figli.
Noi chiediamo al Governo Italiano, nella persona del Presidente Matteo Renzi, di agire prontamente e con fermezza in questa direzione.