FEDELI, A CHI?

Congresso Pse

Filippo Fiani, padre e, in seconda battuta, portavoce del Circolo Territoriale di Arezzo della Manif Pour Tous Italia, è stato assieme a Kiara Tommasiello, Presidente del Forum delle Associazioni Familiari di Arezzo e Provincia, ad ascoltare la Fedeli che presentava il ddl che porta il suo nome nella Sala dei Grandi di Arezzo. Qui il suo resoconto. Accorato, pungente, a tratti colorato, perché, prima di tutto, è un babbo preoccupato. Molto.

“Ormai la Toscana fa da trampolino di lancio ad ogni nefandezza politica e sociale passi per la testa al megalomane di turno. Sembra che, vista la fortuna del Matteino nazionale, anch’egli partito da qui, sia diventato scaramantico avviare a fare le cose dalla terra di Dante.

Vi voglio solo ricordare che non siamo solo testa di ponte sulla fecondazione eterologa e propugnatori del social-freezing, ma siamo all’avanguardia con il sistema privato di gestione dell’acqua pubblica (in barba ad un referendum) e anche sulla gestione dei rifiuti ci gloriamo di aver sviluppato dei sistemi disfunzionali che stiamo esportando in tutta Italia.

La senatrice Valeria Fedeli ha sottoposto ad una commissione d’esame il disegno di legge intitolato «Introduzione dell’educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole del sistema nazionale di istruzione e nelle università» che si prefigge come obiettivo quello di «eliminare stereotipi, pregiudizi, costumi, tradizioni e altre pratiche socio-culturali fondati sulla differenziazione delle persone in base al sesso di appartenenza»
E’ una mostruosità culturale che ci verrebbe a costare 200 milioni di euro per la sostituzione dei libri di testo, distribuzione a pioggia di finanziamenti a progetti educativi extrascolastici e corsi di formazione degli insegnanti.

Tutto volto all’introduzione, fin dalla scuola materna, di progetti finalizzati alla indifferenziazione sessuale dei nostri figli. Non verrà realmente insegnato il rispetto alle differenze. No. Secondo i progetti esaminati a più riprese sul territorio nazionale, si propugna l’idea di eliminare culturalmente la differenza fra l’uomo e la donna, teorizzando e attualizzando una forma di genderismo sperimentale  che non ha alcun riscontro positivo se non quello di spianare la strada a tutte le successive forme di manipolazione mentale e psicologica di persone che, perdendo la propria identità interiore e fisica, hanno smarrito ogni punto di riferimento.( Capire il gender in meno di tre minuti )

Il diritto all’autodeterminazione personale viene leso in modo profondo e crea un danno psicologico ben più grave del problema che invece vorrebbe essere risolto.

Lo scopo dichiarato è quello di affrontare il tema del bullismo contro le persone differenti (come se l’unica differenza che instiga al bullismo fosse quella di genere) e il problema della violenza sulle donne, ma non è svuotandoci della nostra essenza, negando le differenze e violentando la psiche dei bambini che si insegna il rispetto. Infatti nei paesi del nord Europa, dove tali indottrinamenti scolastici ( e non solo !) sono in atto già da decenni, si riscontrano percentuali molto più alte che in Italia di fenomeni di discriminazione e violenza di genere.

La differenza tra uomo e donna non è il prodotto di un condizionamento sociale ed educativo, ma è insita in noi, nel nostro DNA in primis, nella nostra biologia e nel modo di funzionamento del nostro cervello. Tali differenze si concretizzano in comportamenti così tanto diversi tra gli uomini e le donne da rendere incredibile ogni tentativo di affermare che tutto sia solo frutto di stereotipi, un’affermazione che nega la realtà tangibile e verificabile da ognuno, e che quindi ha possibilità di successo solo se propagandata mediante un vero e proprio “lavaggio del cervello” da attuare sui bambini.

La sessualità di ogni persona è un elemento fondante imprescindibile della personalità umana e su essa ciascuno fonda la propria capacità relazionale ed emotiva. Interferire in modo forzoso sullo sviluppo affettivo dei bambini mediante un’azione di indottrinamento sessuale precoce non può che avere delle conseguenze drammatiche sul loro equilibrio psichico anche quando saranno adulti.

Non si insegna il rispetto della differenza cercando di negare la differenza. Quando poi questa tornerà evidente e prepotente in gioco, si parerà davanti a soggetti smarriti e senza alcuna capacità critica. Capaci di tutto perché appunto incapaci di capire.

Anche lei è voluta venire a risciacquare i panni in Arno e si è presentata quasi di soppiatto con il suo nuovo DDL, un piovoso lunedì pomeriggio, ad Arezzo, nel palazzo della provincia (ex?) di fronte ad una platea di aficionados e addetti ai lavori.

Le associazioni di genitori che hanno letto il testo di questo disegno di legge e che manifestavano perplessità sulla validità delle soluzioni applicate, si sono riunite sotto le firme del Forum delle associazioni familiari di Arezzo e La Manif Pour Tous Toscana e si sono mobilitate per partecipare attivamente all’incontro.

Con scarsissime capacità comunicative, poco tempo, idee confuse, molto supporto e tante pacche sulle spalle, ho acconsentito a presentare le nostre perplessità in sede di dibattito. Così lunedì mi sono ritrovato gettato nella fossa dei leoni. Esagerato? Forse, ma vi posso garantire che lo stato d’animo era altalenante tra la paura di fare una ricca figura da bischero e la paura di non riuscire a sfruttare l’occasione di far passare il nostro messaggio. Quindi mediamente ero impaurito, tranne quando i due sentimenti si sovrapponevano, in quel caso infatti ero parecchio impaurito.

Un’ultima telefonata a Roma (grazie Rachele), qualche raccomandazione in extremis, ci sediamo tutti assieme (il loggione) e via. Assieme al presidente della provincia ed alla sua vice c’è appunto la Fedeli ed altre due personalità legate al mondo della scuola. Inizia lo show.

Dopo lo scontato attacco del presidente della provincia (ex?) Vasai alle famiglie che nei giorni scorsi avevano contestato lo stanziamento di danaro pubblico (cioè dei contribuenti) per i progetti gender nelle scuole aretine, è stato seriamente presentato il disegno di legge dal titolo «Introduzione dell’educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole del sistema nazionale di istruzione e nelle università». Il testo è veramente breve, tanto breve quanto pericoloso.

Sorvolando sul vergognoso atteggiamento di Vasai, che si è permesso di fare facile ironia senza contraddittorio sulle perplessità sollevate da cittadini, famiglie e genitori, e di liquidarle come futili polemiche, poniamo l’attenzione all’oggetto della seduta.

Nonostante infatti che la Fedeli abbia ritenuto di informarci preliminarmente che questa legge non è la legge contro l’omofobia e neanche la legge che introduce le famigerate teorie gender, noi siamo convinti che questo strumento sia la chiave per l’introduzione di cattive pratiche nella scuola pubblica a discapito dei nostri figli. Tutto a vantaggio (economico) delle solite associazioni politicamente vicine, se non amiche, delle amministrazioni.

Badate bene, che lo spot pubblicitario è pure carino, accattivante, tocca temi sensibili ai più e presenta anche argomenti condivisibili. Io sostengo le stesse cose: la donna deve riuscire a realizzarsi al pari dell’uomo, le devono essere date le opportunità per esprimere pienamente il suo potenziale, non deve essere discriminata, non deve essere considerata come un uomo di serie B eccetera … e non voglio neanche provare a menzionare il mio disappunto per qualunque tipo di violenza psicologica o fisica. Quindi come non condividere il nobile intento?

Semplice, basta avere un minimo di spirito critico, leggere un attimo tra le righe e cercare di capire come siamo arrivati alla stesura della legge.

Il protocollo di Istanbul, ratificato dall’Italia, vincola tutti i paesi d’Europa a fare qualcosa per le discriminazioni sessiste nella società, non limitandosi all’inasprimento delle pene (tanto chi ci va in galera in Italia?) per chi si macchia di questi crimini (che per la maggior parte si dice non siano denunciati). Allora cosa hanno pensato i maestri della rieducazione, i correttori dei comportamenti socialmente sbagliati? Hanno pensato di agire sui registri implumi e imberbi dei nostri figli fin dalla loro più tenera età.

Fin dall’asilo asfaltare le loro percezioni e il loro vissuto quotidiano perseguendo l’eliminazione di stereotipi, pregiudizi, costumi, tradizioni e altre pratiche socio-culturali fondati sulla impropria “identità costretta” in ruoli già definiti delle persone in base al sesso di appartenenza.

Sono decine le domande ovvie che sorgono spontanee, così banali da sentirsi idioti a porle ad una senatrice, ma purtroppo alcune vanno fatte perché il nostro intento è quello di presentare la fallacità di questa legge insita proprio nella sua generica semplicità.

Ci si pone il dubbio che nel tentativo di eliminare lo stereotipo dell’uomo nerboruto che picchia la moglie e, tra un rutto e una grattata inguinale, la schiavizza mentre si guarda la partita alla televisione, si rischi di rimuovere l’archetipo che definisce essenzialmente l’uomo e la donna come tali. La rimozione di una forma così primitiva dell’idea di sé stessi è rischiosa, probabilmente destabilizzante per i bambini, che in alcune fasi dello sviluppo hanno di sicuro più bisogno di certezze che di dubbi.

Nel cercare di presentare questi argomenti ai titolati presidenti della seduta, mi sono trovato smarrito. Non avevo idea delle imposture che mi sarei trovato di fronte. E sì che ero stato avveritito: «è una senatrice, te se magna a colazione». Ma non ero pronto a quello che avrei provato nel misurarmi contro tanta malafede.

Per loro, noi siamo ideologici, non abbiamo motivazioni valide, la nostra è ignoranza mascherata da cultura che produce solo goffa e insignificante polemica. Noiosa da ascoltare e da liquidare con poche semplici battute. Il primo colpo sparato come risposta deve essere sempre mirato alla persona. Ridicolizzandola. In questo modo la platea connivente può far scattare l’applauso interiore per il colpo ben piazzato. Non importa se quello che viene detto è vero, l’importante e che venga detto come se fosse vero, con rimarcata sicurezza che falci l’interlocutore.

I colpi successivi devono essere demagogia, non devono necessariamente rispondere alla domanda, è sufficiente che si rimarchi un tema simile, che contenga più o meno le stesse parole della domanda, che contenga ovvietà inconfutabili e alle quali non si può dire no. In questo modo, in particolare nel mio caso, l’avventato interlocutore che si trova sotto questa gragnuola di colpi non è capace di comprendere se gli è stato risposto o meno ed è costretto, suo mal grado ad incassare e basta.

L’inganno è dietro ad ogni cosa non detta. Il problema non sono le cose condivisibili esplicitate, ma le menzogne nascoste, secretate nei conclavi privati dove queste idee vengono partorite. Ad ogni frase della senatrice vedevo la stanchezza e la svogliatezza di chi ripete sempre la stessa novellina per placare l’animosità dei contestatori.

Che ci hanno riempito di bugie ne è evidenza il fatto che, di fronte alle inaspettate critiche, si è reso necessario anche l’intervento della senatrice Mattesini. Amica della Fedeli e cofirmataria della legge, si è lanciata in uno spassionato elogio della cultura italiana, che è sempre stata capace di superare ogni discriminazione e che ha visto nel tempo fare grandi passi alla donna (tanto da ritrovarsi, lì in quel momento, con cinque donne e un solo uomo sulla cattedra, nella Sala dei Grandi di Arezzo).

Ma allora, c’è da domandarsi, se la nostra cultura è così avanti e così buona, che bisogno c’è di andare a pescare metodologie contorte e contestate da altri paesi, altre culture, solo per il fatto che “l’Europa ce lo impone”? A me questa frase sta decisamente antipatica, e più se ne riempivano la bocca e più io gli domandavo come mai si deve dare retta ad un’Europa che ci impone metodi che non funzionano.

Vogliamo salvare la donna e andiamo a pescare protocolli educativi di paesi dove si abbassa l’età alla quale le ragazzine accedono all’aborto, dove il numero dei suicidi tra gli adolescenti è tra i più alti al mondo e dove una donna su quattro denuncia molestie sessiste?

Io dopo due ore di quei brutti musi avevo solo bisogno di tanta bellezza, quindi sono corso a casa ad abbracciare la mia bellissima, stereotipatissima, sessistissima, munifica famiglia.

A quella sì voglio essere fedele.”

(articolo già pubblicato il 3 maggio su Quarantadue! )

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