Cari amici intervengo molto volentieri alla vostra e nostra manifestazione. In quanto ebreo, già vicepresidente e assessore alla cultura della Comunità ebraica di Livorno, intervengo ovviamente a titolo personale, esprimendo il mio personale punto di vista, ma che ritengo in accordo con la nostra tradizione e con l’insegnamento rabbinico della Torah e del Talmud.
La proposta di legge dell’On. Scalfarotto sull’omofobia coinvolge oltre alla difesa del diritto di libertà di espressione, quello della famiglia naturale, dell’opposizione al matrimonio omosessuale, allaomogenitorialità e alla adozione da parte di coppie dello stesso sesso.
E’ apparentemente strano che la difesa di questo diritto alla libertà di espressione, che nasce con il pensiero illuministico, difeso dalle minoranze religiose e laiche e che si realizza nello Stato di diritto post-secolare, sia difeso oggi dagli uomini di fede. In realtà invece le fedi religiose e il Cristianesimo cattolico in particolare, liberatisi dal secolarismo, sono divenute potenti strumenti di rivendicazione di libertà responsabile per tutti, riconoscendosi portatrici di valori etici a cui assicurare piena libertà di presenza nel dibattito e nella sfera pubblica. Ciò che infastidisce oggi molti, che avevano creduto in un mondo senza Dio e in una fede relegata ai margini della società, è che il divino nelle sue diverse accezioni e declinazioni, è presente , ha ripreso vigore e visibilità, influenzando non solo la sfera intima dell’identità e della esperienza religiosa, ma anche quella socio-culturale e politica.
Recentemente un importante giornalista, laico e agnostico ancorché rispettoso e aperto all’esperienza religiosa come Piero Ostellino sul Corriere della Sera, ricordava, commentandolo, un documento dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali e del Dipartimento delle Pari Opportunità del Governo italiano intitolato “Linee guida per una informazione rispettosa delle persone Lgbt” ad uso dei giornalisti per una informazione rispettosa di Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali. Il documento raccomanda di non usare espressioni come “matrimonio tradizionale, “matrimonio normale”, “matrimonio gay”, “adozioni gay”, “coppie sterili”, “utero in affitto”, da sostituire con espressioni come “matrimonio fra persone dello stesso sesso” e così via.
Concludeva Ostellino che:”Partire da una proposizione descrittiva - le coppie dello stesso sesso sono sterili – per pervenire ad una prescrittiva – non lo si deve dire perché è discriminatorio rispetto alle coppie maschio-femmina – è un salto logico non solo perché lo dice David Hume.,ma perché è una pura idiozia” e il burocrate ignora il senso del ridicolo.
Gli stessi temi riprendono su un giornale laico come Il Foglio, alcuni giorni, dopo Nicoletta Tiliacos e Francesco Agnoli il quale ricorda molto opportunamente che anche nel mondo romano si afferma che “nuptiae sunt coniuctio maris et feminae, consortium omnis vitae, divini et humani iuriscommunicatio”(le nozze sono l’unione di un uomo e di una donna, il consorzio di una vita, la comunione fra diritto divino e quello umano – Modestino III sec. D. C.) e che “anche nell’antica Grecia il matrimonio è sempre solo e soltanto tra uomo e donna”. D’altra parte anche nella più bella Costituzione del mondo all’articolo 29 “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. Sarebbe quindi necessario cambiarla proprio nella prima parte, quella ritenuta fra virgolette sacra.
Non potendo qui affrontare in modo disteso la “teoria del gender”, dobbiamo comunque riconoscere che dietro la volontà dei militanti LGBT di negare la differenza sessuale (il genere è una pura convenzione sociale, quindi ogni rappresentazione sociale della sessualità diventa costruita, acquisita e artificiale) c’è il confronto fra due visioni del mondo. L’allora Rabbino Capo di Francia Rav GillesBernheim si chiedeva nel suo “Quello che spesso si dimentica di dire” (ed. italianawww.salomonebelforte.com) se: “Il matrimonio omosessuale e il diritto all’adozione per le coppie dello stesso sesso non saranno che un mezzo per far esplodere le fondamenta della società, per rendere possibile ogni forma di unione e, infine, liberare l’uomo da una morale ancestrale e far sparire così definitivamente la nozione stessa di differenza sessuale”.
Il Rabbino Alberto Moshè Somekh della Comunità di Torino, nella postfazione a questo stesso libro ricorda opportunamente la differenza fra la tradizione ebraica e quindi cristiana e quella greca:”Sia i Greci che gli Ebrei possiedono miti che spiegano l’amore come la ricongiunzione di due creature nella loro unità preesistente”. Questi miti si trovano nel Simposio di Platone e nello Zohar, il testo classico del misticismo ebraico. “In entrambe le leggende si racconta che l’essere umano era originariamente bifronte e ad un certo punto la Divinità separò le due metà, mettendole in condizione di ricercarsi a vicenda. Ma le conclusioni sono assai differenti. Nel mito greco si afferma che coloro che derivano da un androgino ricercano un partner del sesso opposto mentre quelli che erano originariamente combinati con una figura dello stesso sesso, che fosse maschio o femmina, vanno alla ricerca di un/una compagna corrispondente. Lo Zohar sostiene invece che Dio creò esclusivamente androgini. <Li divise in due, separando il maschio dalla femmina, e li mise uno di fronte all’altro. E quando la donna si ricongiunse con l’uomo D. li benedisse, come nel corso della cerimonia nuziale> (III, 4b). L’omosessualità non fa parte del piano della Creazione. Solo nell’unione solenne di marito e moglie trova dimora la Presenza Divina”.
Nella introduzione allo stesso libro del Rabbino Bernheim, l’Arcivescovo di Ferrara Mons. Luigi Negri, concordando pienamente con le tesi di parte ebraica afferma che “Secondo l’autentica tradizione dell’Occidente, che come ci ha insegnato Benedetto XVI è opera sinergicamente del <domandarsi greco>, del <profetismo ebraico> e della fede cattolica, il punto centrale si può sintetizzare così: c’è una priorità dell’ontologia sull’etica, la psicologia, la sociologia ….La coscienza umana quindi non produce la realtà come se fosse suo oggetto, né può manipolarla, ma deve commisurarsi ad essa, leggendo le grandi indicazioni morali che sono contenute nella oggettività del reale”.
Anche in un altro libro prezioso intitolato “Il cielo e la terra”, dialogo fra l’allora Cardinale JorgeBergoglio, oggi Papa Francesco e il Rabbino Capo di Buenos Aires Abraham Skorka c’è una concordanza assoluta su questi temi.
Mentre il Rabbino afferma che se da una parte le coppie conviventi dello stesso sesso hanno diritto “a una soluzione legale di problemi quali la pensione, l’eredità ecc(che potrebbero inquadrarsi in una formula giuridica nuova), equiparare la coppia omosessuale a quella eterosessuale è un’altra cosa”, il cardinale risponde:”Concordo in pieno. Per definire il tema utilizzerei l’espressione <regresso antropologico>, perché significherebbe indebolire una istituzione millenaria che si è forgiata in accordo con la natura e l’antropologia>”. Anche nel mondo antico, dice il Cardinale, nel quale l’omosessualità veniva apprezzata o non apprezzata, tollerata o non tollerata ma mai nessuno ha mai voluto equipararla. Solo nella nostra epoca “è la prima volta che si pone il problema giuridico di assimilarla al matrimonio, cosa che giudico un disvalore e un regresso antropologico. Di fronte ad un’unione privata non c’è un terzo o una società danneggiata. Se invece le si attribuisce la categoria di matrimonio e le si dà accesso all’adozione ciò implica il rischio di danneggiare dei bambini. Ogni individuo ha bisogno di un padre maschio e di una madre femmina che lo aiutino a plasmare la propria identità”.
Siamo ancora liberi di dire queste cose fino a che la legge proposta dall’On Scalfarotto non venisse approvata. Una volta approvata ( e noi riteniamo che le leggi attuali, rettamente applicate siano sufficienti a difendere i diritti degli omosessuali da qualunque violenza, prepotenza, offesa anche verbale) nel difendere dall’omofobia gli omosessuali, renderebbe necessaria una legge contro l’eterofobia e soprattutto a difesa del diritto di libertà di espressione, che ci è così caro e a cui non vorremmo rinunciare.
Guido Guastalla