I Dieci comandamenti LGBT per i giornalisti

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Il 13 dicembre L’UNAR, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali del Ministero delle Pari Opportunità, sinora noto soprattutto per la catechesiprogender di cui ha fatto oggetto gli insegnanti, ha pubblicato un documento rivolto ai giornalisti intitolato «Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone LGBT». Tale documento rappresenta un’anticipazione di ciò che l’Italia sta per compiere per “stare al passo dei Paesi più civili”, vale a dire una «legislazione specifica» contro l’omofobia che contemplerà per i professionisti nello specifico non solo il deferimento all’Ordine ma anche la reclusione. Dieci sono gli obbighi a cui attenersi per non andare incontro alle sanzioni previste per i trasgressori:

I: Non confondere il sesso con il genere. Il sesso è una caratteristica anatomica, ma ognuno sceglie se essere uomo o donna «indipendentemente dal sesso anatomico di nascita».

II: Di fronte ai “Coming out” non si dovrà parlare di «gay esibizionisti” bensì  sottolinearne gli aspetti positivi come il coraggio di chi si rende visibile.

III: Considerare il termine “lesbica” un complimento.

IV: Sempre in merito al “femminile”, se un transessuale si sente donna il giornalista deve scrivere «la trans» e non «il trans».

V: Non associare transessuali e prostituzione. E invece di parlare di prostitute o prostituti si usi piuttosto l’espressione «lavoratrice del sesso trans».

VI: Educare i lettori ad una opinione benevola sul «matrimonio» omosessuale”, o su “altro istituto ad hoc per il riconoscimento dei diritti LGBT». L’idea base da inculcare è che «il matrimonio non esiste in natura, mentre in natura esiste l’omosessualità» mentre non vanno presi in considerazione «i tre concetti: tradizione, natura, procreazione», indizio di omofobia, sempre ricordando che il «diritto delle persone omosessuali ad avere una famiglia è sancito a livello europeo».

VII: vietato parlare di «matrimonio tradizionale» e, per contrasto di «matrimonio gay», traducendolo come «matrimonio fra persone dello stesso sesso»

VIII: Per l’argomento adozioni vietato sostenere che il bambino «ha bisogno di una figura maschile e di una femminile come condizione fondamentale per la completezza dell’equilibrio psicologico», un «luogo comune», smentito dalla «letteratura scientifica». Così come parlare di «utero in affitto», espressione «dispregiativa», da sostituire con la più elegante «gestazione di sostegno».

IX: I conduttori televisivi quando nelle trasmissioni vengono trattati questi temi non sono obbligati al contraddittorio poiché «Non esiste una soglia di consenso prefissata, oggettiva, oltre la quale diventa imprescindibile ilcontraddittorio».

X: I fotografi nei loro reportages ai “Gay Pride” sono invitati a evitareimmagini di persone «luccicanti e svestite».

Inoltre al proposito del “dovere di cronaca” che obbliga a riportare tutte ledichiarazioni, anche quelle «di politici e rappresentanti delle istituzioni»non del tutto allineati, i discorsi contrari vanno virgolettati, sottolineaticome sbagliati, contrapposti a quelli di rappresentanti delle organizzazioni LGBT, che andranno tempestivamente intervistati. Si raccomanda inoltre una«particolare attenzione nella titolazione».

In fondo queste linee guida per i giornalisti hanno involontariamente un grande merito, quello di rendere esplicito cosa sarà davvero vietato dalla legge contro l’omofobia. “Altro che proteggere le persone omosessuali – com’è giusto che sia, e come già affermano le leggi in vigore, da insulti, minacce e violenze. Qui si tratta della dittatura del relativismo, senza sottigliezze e senza misericordia. Fermiamo questa macchina impazzita prima di ritrovarci tutti in un Gulag gestito da militanti LGBT.”

Per la libertà di opinione.