E polemica a Venezia fra Camilla Seibezzi, la delegata del sindaco per le politiche contro le discriminazioni e Tiziana Agostini,l’assessore comunali alle politiche educative. E’ successo che la prima, scavalcando le competenze della seconda, ha già fatto acquistare, per circa diecimila euro, e distribuire 46favole in migliaia di copie perché siano lette negli asili nido e nelle scuole materne comunali. Il progetto si chiama «leggere senza stereotipi» e si basa sull’’idea di insegnare ai bambini fin dalla più tenera età a interpretare la realtà quotidiana senza preconcetti, combattendo l’insorgere di omofobia e razzismo alla radice.
Tra i titoli «I papà bis», storia di una separazione, con un papà che lascia la casa e uno nuovo che lo sostituisce; «E con tango siamo in tre», dove due pinguini maschi allo zoo diventano entrambi papà con l’arrivo di un uovo deposto da un’altra coppia; e ancora “Piccolo uovo” sulla fecondazione assistita.”Non è assolutamente possibile che i materiali arrivino direttamente nelle mani di piccoli e piccolissimi senza un’adeguata valutazione dei tecnici e del personale competente.Vorrei evitare strumentalizzazioni.I bambini non devono mai essere usati come bandiera politica.” ha commentatola Agostini. Ma la Seibezzi non si fa nessun tipo di problema e tira avanti per la sua strada, forte della vittoria già conseguita sulla circolare della Giunta che per il prossimo anno scolastico sostituisce, nei moduli di iscrizione alle scuole comunali, le diciture «madre » e «padre» con quella di «genitore». E se la Seibezzi era già nota per i suoi intendimenti (i più attenti ricorderanno la sua partecipazione al convegno “Non si offenda- genitore sarà lei”dello gennaio scorso, sempre a Venezia), neanche l’idea di “revisionare” le favole è nuova, tutt’altro; è uno dei grimaldelli scelti dall’ideologia del gender per far saltare l’idea della famiglia tradizionale. L’aggressione del tema spetta cronologicamente al governo spagnolo di Zapatero che sollecitò le scuole per la prima infanzia a cambiare i testi di riferimento, che contenevano,secondo il Ministerio de Educacion dell’epoca, troppe principesse indifese e troppi principi salvatori. E dato che alle stramberie non c’è limite si è trovato persino un termine a questo processo di “liberazione culturale” che viene così chiamato “de-principessizzazione”. L’altro elemento delle favole tradizionali poi che a questi promotori delle nuove teorie infastidisce assai sono i finali, con quel “vissero felici e contenti” coincidente con un matrimonio e magari pure dei figli: non sia mai! Meglio piuttosto una variante post-trans-moderna che non faccia differenze e non generi invidie di sorta: “e vissero tutti …diversi e colorati ma profondamente disperati” o “…tutti uguali e vestiti di nero come le figlie di Zapatero” (che, speriamo per loro, nel frattempo abbiano cambiato il loro look alla Halloween Monster…)