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VOGLIONO ROTTAMARE LA FAMIGLIA

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Tutto comincia e dipende dal matrimonio. Questa lezione storica emerge dalle vicende degli Stati sedicenti “progrediti” che iniziarono anni fa a smantellare il diritto di famiglia a colpi di ideologia gender e si ritrovano ora a dover regolare l’ingigantirsi imponderabile del Frankenstein che ne è uscito: un mostruoso mercato dell’umano. Banche del seme, ovuli in saldo, corpi in affitto, uteri artificiali, alchimie genetiche, figli take away ‘soddisfatti o rimborsati’, eugenetica.com, diritto al figlio, diritto al nipote (sì, è stato preteso): tutto comincia e dipende dal mezzo con cui riconoscer la famiglia. Abbiamo scoperto che se non siamo tutti figli di mamma e papà, allora siamo tutti prodotti di gamete 1 e gamete 2 (almeno), succubi dell’altrui disponibilità al pari di un tamagotchi qualsiasi. Per questo La Manif Pour Tous francese, qualsiasi sia la contestazione sociale più attuale – oggi contro l’utero in affitto –, continua a perseguire il medesimo obiettivo, l’abrogazione della Loi Taubira sul “matrimonio per tutti”: finché regge il falso mito di progresso del desiderio emotivo quale unico fondamento della famiglia sarà impossibile rimettere al centro i diritti dei figli, cioè dell’essere umano.

L’Italia sta riconsiderando le leggi della società che riguardano l’identità e il ruolo della famiglia. Gli ingranaggi parlamentari del disegno di legge (ddl) a prima firma Monica Cirinnà (Pd) sulle cosiddette “unioni civili” hanno ripreso a macchinare spediti verso la discussione e, forse, la decisione delle Camere. Si vedrà.

Cosa c’è in ballo col ddl Cirinnà, perché la sua approvazione sarebbe un fatto grave? Bisogna fare un passo indietro e chiedersi: perché serve una legge del genere? Risposta corrente è che serva a rendere possibile l’esercizio di diritti a chi li vanta ma non può praticarli. È veramente questa la filosofia del provvedimento? Tutti (gli informati) sanno benissimo che oggi la convivenza stabile e duratura è già stata riconosciuta di per sé fonte del diritto di disporre liberamente di tutti i propri affari nella relazione vissuta: economia, salute, mutua responsabilità, etc. Le rivoluzione del diritto privato in merito è l’asse della battaglia politica delle associazioni del movimento gay, che pretendono, a dirla tutta, l’abolizione del requisito della diversità sessuale del matrimonio. La forma delle “unioni civili” è solo il compromesso su cui è disposto a cedere chi non condivide la rincorsa al “matrimonio egualitario”, e che sono disposti ad accettare alcuni di quelli che invece la percorrono mentre sperano di poterne fare solo il primo passo verso l’obiettivo. Perché si chiede il matrimonio egualitario? Perché si contesta il sistema tradizionale di riconoscimento della famiglia; sistema considerato prodotto da un regime “eterosessista” ed “eteronormativo” oppressivo, violento e discriminatorio verso chi sente la propria identità sessuale e “gender” non conforme al canone della paradigmatica complementarietà tra uomo e donna, tra maschile e femminile, tramandata – dicono – da un’antropologia patriarcale e maschilista.

Questo è il vero senso e l’espressa direzione delle riforme in gioco: proclamare l’irrilevanza della diversità sessuale nella formazione della famiglia, anche ai fini dei progetti di filiazione oggi permessi dallo sviluppo biomedico e tecnologico. Poiché, però, i progetti di filiazione che manipolano arbitrariamente gli elementi naturali dell’esistenza degradano l’intangibile dignità della persona, e quelli che la privano del padre o della madre violano il diritto di venire al mondo nel rispetto della congenita predisposizione dei caratteri comuni al genere umano (una sorta di pari opportunità esistenziali), non è giusto né utile parificare alla famiglia diverse e nei fatti non omogenee forme di relazione interpersonale: essa sola svolge per sua natura la funzione fondamentale di rigenerare ed accogliere nuova vita nella protezione dei richiamati diritti.

Il ddl Cirinnà si pone sulla scia di questa parificazione sostanziale, nella negazione che la diversità sessuale della coppia riconosciuta come famiglia valga a differenziarla, soprattutto ai fini e nella rilevanza pubblica della sua potenzialità procreativa, da una coppia di persone dello stesso sesso. Il testo unificato del disegno di legge è, in breve, un rimando alla disciplina complessiva del matrimonio, che va ad applicarsi anche alle coppie di persone dello stesso sesso. Di fatto è un para-matrimonio: che sia accessibile alle sole coppie di persone dello stesso sesso dimostra l’intento di farne un istituto del tutto speculare a quello matrimoniale esistente. La stepchild-adoption è invece solo un pericoloso escamotage. Consentire a una persona di adottare figli altrui in presenza della mera convivenza, senza il vincolo matrimoniale e la diversità sessuale dei futuri “genitori”, significa non solo negare il diritto del figlio di fare esperienza del più elementare e pratico “Perché” della sua esistenza, ma anche avallare e incentivare il ricorso all’estero alla PMA e all’utero in affitto da parte di coppie di persone dello stesso sesso. Non a caso la stepchild-adoption è invocata oggi (solo) da chi ha già agito così e spera di veder condonato un comportamento in Italia illegale. D’altro canto lo straziante scenario del bimbo strappato dall’amore di chi sin dalla nascita se n’è occupato insieme al genitore biologico, dopo la morte di quest’ultimo, è una trama fantasy. La legge sulle adozioni permette già che l’orfano sia adottato dalla persona con la quale sia provato un rapporto stabile e duraturo, la quale potrà anche essere preventivamente nominata dal genitore sua tutrice legale.

Il più solido argomento giuridico contro il ddl Cirinnà e ogni intenzione di parificare alla famiglia le unioni omosessuali (quindi anche la civil partnership di Renzi) proviene, quasi paradossalmente, proprio dalla sentenza con cui la Corte Costituzionale ebbe a dichiarare necessaria e dovuta una legge sulle “unioni civili” (sent. 138/2010). Con questa sentenza la Corte ha avuto il merito di escludere in modo netto una radice costituzionale comune dei diritti della famiglia e dei diritti della persona convivente in quanto tale: il riconoscimento di questi non trova riscontro nelle norme dedicate alla famiglia, al matrimonio e ai rapporti di filiazione (artt. 29-31), ma nella disposizione generica sui diritti dell’uomo “anche nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità” (art. 2).

Ciò esclude fondamento alla pretesa di dotare la convivenza in sé di un’autonoma dignità giuridica pubblica, che il matrimonio riconosce invece alla famiglia in virtù della sua “(potenziale) capacità procreativa”, dovendo il legislatore limitarsi a chiarire quali diritti spettano alla persona in ragione del suo condividere con altri un progetto di vita stabile e duraturo. Su questo profilo il movimento gay ha costruito una campagna di vittimismo mediatico senza decenza, millantando fumosi “diritti umani al matrimonio e all’adozione” solennemente disconosciuti dalla stessa Corte Europea dei Diritti Umani.

Scriveva Chesterton sulle ideologiche cavalcate progressiste: “Prima di abbattere un recinto bisogna fermarsi e chiedersi per quale ragione fu costruito”. Chi sarà chiamato a decidere sull’abbattimento del recinto matrimoniale e sulla rottamazione della famiglia – quale che sarà l’onestà con cui si ammetterà di star per fare proprio questo – insegua in coscienza l’unica risposta giusta e sia coraggioso nel raggiungerla. Per il maggior bene suo, nostro e di tutti quelli che verranno. Pour Tous.

 

di Filippo Savarese per La Croce

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ALTERARE IL MATRIMONIO DISTRUGGE LA FAMIGLIA

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Pubblicato il 27 luglio 2014 su “Bologna Sette” di Avvenire

Da lunedì scorso anche a Bologna è possibile registrare “matrimoni” contratti all’estero da coppie di persone dello stesso sesso. Lo ha deciso il sindaco Virginio Merola, che ha presentato la novità come un segnale di progresso e civiltà, ricevendo il plauso scontato delle associazioni del movimento gay. Com’è noto, però, l’ordinamento italiano, per espressa statuizione della Costituzione, non riconosce altra natura al matrimonio che quella di fondare la famiglia sulla comunione di vita tra un uomo e una donna. Se gli effetti pratici di questa mossa sono dunque pressoché nulli – come nulla è stata la considerazione in cui il sindaco ha tenuto le sentenze della Cassazione che negano legittimità a dette trascrizioni – gli effettisimbolici sono e anzi mirano ad essere decisamente drastici, incisivi e senza dubbio deleteri. La delibera è una vera picconata all’antropologica che da millenni qualifica la natura del matrimonio e, di conseguenza, l’identità e il ruolo impareggiabile della famiglia nel contesto sociale. Nel dibattito sulla rivoluzione del diritto di famiglia (che alcuni vorrebbero trasformare in “diritto delle famiglie”)sentiamo troppo spesso abusare di una retorica dei diritti davvero demagogica e priva di fondamentogiuridico. Si rivendica il “diritto al matrimonio” come il diritto di ogni individuo di vederpubblicamente riconosciuto qualsiasi tipo di legame sentimentale o latu sensu familiare che lo lega ad altre persone: oggi si chiede di rimuovere il requisito della diversità sessuale, domani si chiederà di rimuovere, ampliandolo, quello del numero dei coniugi. Il senso del matrimonio non ha però nulla a che vedere con il riconoscimento di “diritti sentimentali”, e sia la Corte Costituzionale che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo hanno negato più volte che esista un ipotetico diritto al matrimonio omosessuale; la stessa Consulta ha ribadito anzi in modo chiarissimo che è la potenziale capacità procreativa dell’unione tra un uomo e una donna a differenziare il matrimonio dalle convivenze tra persone omosessuali, senza alcun pregiudizio ed anzi nel pieno rispetto del principio di eguaglianzatanto spesso (a sproposito) invocato. Questo è il senso del matrimonio: riconoscere, tra le infinite formazioni umane ove l’uomo svolge la sua personalità, l’unica attraverso cui passa ogni speranza di vita e di futuro. Questa speciale società naturale è la famiglia, la stabile comunione di vita tra un uomo e una donna, naturalmente orientata alla procreazione, impareggiabile dimensione di crescita e scuola di vita per i figli. Annacquare e alterare il matrimonio significa manomettere l’intero sistema di protezione e promozione della famiglia: non c’è niente di progressista in questo! Smettere di riconoscerenell’unione tra uomo e donna il paradigma dell’intera esperienza umana è il sintomo di una depressione culturale gravemente autolesionista, che non ha assolutamente nulla a che vedere con il pur dovutorispetto delle scelte di vita delle persone, dei loro affetti e sentimenti. Da anni ideologie e filosofie relativiste tentano di delegittimare il ruolo antropologico della famiglia e di sconfessare la centralità della complementarietà tra uomo e donna nel progredire dell’esistenza umana. La nuova frontiera del progresso sarebbe ora negare che ogni figlio ha naturalmente bisogno e diritto di crescere con un papà e una mamma, perché insistere sulla diversità sessuale dei genitori sarebbe ormai prova di una mentalitàretrograda e “omofoba”. Purtroppo, sulla scia di queste stesse falsità va a collocarsi il disegno di legge sulle unioni civili in esame al Parlamento: prevede infatti la diretta applicazione della disciplina matrimoniale alle coppie di conviventi dello stesso sesso, con tanto di adozione di minori (mascherata).Tutto ciò, nonostante la Costituzione sproni espressamente la Repubblica ad agevolare la formazione della famiglia, e non già la sua deformazione. La scelta infelice del sindaco Merola, che muovepurtroppo in quest’ultima direzione, merita la più ferma e risoluta opposizione di chi vuole preservare i diritti della famiglia e, con essi, il bene comune.

 

Filippo Savarese
portavoce La Manif Pour Tous Italia

 

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RENZI: STOP DDL CIRINNÀ

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In un’intervista all’Avvenire di Domenica 27luglio il premier Renzi annuncia che il ddl Cirinnà sulle unioni civili (che, ricordiamo, introduce in tutto e per tutto il matrimonio per persone dello stesso sesso con tanto di adozione di minori mascherata) sarà “superato” da una nuova proposta governativa sul modello delle civil partnership tedesche. Noi contestiamo anche questo modello perché comunque lesivo dei diritti naturali costituzionalizzati della famiglia, in quanto comunque crea un nuovo istituto para-matrimoniale, per altro anch’esso connesso alla adozione dei figli del convivente. Noi siamo favorevolissimi ad un intervento che si muova sulla scia di quanto affermato dalla Corte Costituzionale: le unioni affettive che non sono tra uomo e donna, e non hanno dunque la rilevanza pubblica che a questa unione si riconosce col matrimonio, ricadono sotto la copertura dell’articolo 2 della Costituzione: il quale articolo parla di diritti individuali.

Prendiamo atto con estrema cautela della notizia, compiacendoci soprattutto del fatto che ci regala tempo ulteriore per organizzarci e informare i cittadini del pericolo in cui versa ancora il matrimonio e la famiglia.

Alta la guardia! Viva la Famiglia!

 

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LA MANIF POUR TOUS ITALIA AL SENATO: NO AL REATO DI “OPINIONE OMOFOBICA” E AL “MATRIMONIO-BIS”

 

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La Manif Pour Tous Italia ha tenuto oggi una conferenza stampa al Senato per denunciare i gravi profili di pericolosità dei disegni di legge sull’omofobia e sulle unioni civili. Tali profili sono stati ampiamente descritti e motivati dagli avvocati Gianfranco Amato,presidente dei Giuristi per la vita e Simone Pillon, consigliere nazionale del Forum delle Associazioni Familiari. Ha introdotto Filippo Savarese, portavoce de La Manif.

 A seguire un flash-mob in Piazza delleCinque Lune dove più di 200 cittadini, simbolicamente, sono stati messi a tacere ed imbavagliati con fazzoletti arcobaleno quando dichiarano che ogni bambino ha diritto di avere una mamma ed un papà: immagine chiara di quel che sta accadendo in Italia e in altri stati nella “caccia all’omofobo”.

-       Il “d.d.l.  Omofobia” è uno strumento ideologico che usa la legge penale per intimorire e mettere a tacere chiunque non condivida le battaglie politiche del movimento gay: matrimonio e filiazione per tutti, a prescindere dalla fondamentale diversità sessuale della coppia. Si tratta di un vero e proprio reato di “opinione omofobica”.

-       Il “d.d.l. Unioni Civili” prevede un vero e proprio matrimonio-bis riservato a persone dello stesso sesso. Si mina alla radice il sistema sociale incentrato sulla famiglia quale unione tra un uomo e unadonna, unica relazione aperta all’accoglienza di nuova vita ed in quanto tale, cellula privilegiata dalla stessa Costituzione per il bene comune.

La Manif Pour Tous Italia si schiera senza dubbi contro ogni forma di violenza e discriminazione e a favore del riconoscimento dei diritti spettanti a ciascuno, ma senza compromettere la libertà di espressione e senza confondere la realtà di una convivenza con l’identità della famiglia, la natura del matrimonio e i diritti dei bambini.

                                                                                                                    La Manif Pour Tous Italia

 

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 press@lamanifpourtous.it                 Tel. 3391821262

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SONDAGGIO IPSOS: SULLE “UNIONI CIVILI” GLI ITALIANI HANNO IDEE CHIARE ED EQUE

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Il recente sondaggio con cui l’istituto IPSOS ha rilevato gli umori dei cittadini italiani circa i diritti da riconoscere a coppie di conviventi omosessuali, o comunque dello stesso sesso, porta un contributo significativo al dibattito parlamentare e sociale sulle “unioni civili”.

Il 78% degli intervistati si dichiara a favore di interventi che facilitino la gestione di specifici rapporti privatistici come la trasmissione dell’eredità e l’assistenza per motivi di salute, ma il 60% ritiene che per questo scopo non sia dovuta l’estensione del regime matrimoniale, che deve continuare a riconoscere la famiglia in quanto unione tra un uomo e una donna. Una netta differenziazione, dunque, tra interventi di diritto privato tra individui e la rilevanza pubblicistica del matrimonio con cui si riconosce una famiglia.

L’opinione di maggioranza è peraltro pienamente conforme al dettato costituzionale, così come richiamato dalla Consulta, che riconosce una diversa configurazione dei diritti dell’uomo nelle formazioni sociali – come le convivenze – ove si svolge la sua personalità (art. 2), e gli specifici diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio (art. 29).

Chi si esprime contro l’abbandono del matrimonio tradizionale non è però contrario ad un’equa armonizzazione legislativa a favore delle coppie di conviventi omosessuali, o comunque dello stesso sesso: ciò dimostra che alla radice di questa opinione non c’è, come alcuni vorrebbero far credere, ostilità o pregiudizi nei confronti dell’omosessualità o delle persone omosessuali, ma una precisa e positiva consapevolezza antropologica circa l’identità ineguagliabile della famiglia e del matrimonio con cui la si riconosce. Insomma, l’ennesimo colpo alla farsa mediatica dell’emergenza “omofobia”, con cui vorrebbero intimidire decine di milioni di italiani e colpevolizzare idee giuste e totalmente innocue.

Il dato del 71% di italiani contrari alle adozioni di minori da parte di coppie dello stesso sesso dovrebbe aiutare i nostri parlamentari ad escludere categoricamente da qualsiasi intervento legislativo (come la “stepchild-adoption”) la malsana idea di “correggere” per convenienze politiche la necessaria complementarietà con cui solo un uomo e una donna possono essere un padre e una madre: ricchezza nella differenza di cui ogni figlio, ogni essere umano, ha diritto prima che bisogno.

Si noti infine che rispetto ad un sondaggio dell’IPSOS dello scorso gennaio, i contrari al matrimonio tra persone dello stesso sesso sono aumentati dal 49 al 60% e i favorevoli sono scesi dal 41 al 38%.

La Manif Pour Tous Italia

 

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FILIAZIONE e ADOZIONE: verso le procreazioni medicalmente assistite “di convenienza”?

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Nel suo ultimo libro, la giurista Aude Mirkovic, spiega perché può essere pericoloso sconnettere la filiazione dalla generazione. Intervista.

 

Di LAURENCE NEUER per LePoint.fr

Le richieste di adozione di bambini nati attraverso Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) praticate all’estero riempiono i tribunali, al punto che alcuni magistrati hanno sollecitato il parere della Corte di Cassazione. Perché si tratta qui di conciliare l’inconciliabile: da un lato, l’adozione “per tutti” permessa dalla legge del 17 marzo 2013; dall’altra, l’impossibilità per le coppie di donne di accedere alla PMA, riservata alle sole coppie eterosessuali che soffrano in particolare di un problema di infertilità. “Noi chiediamo l’apertura della PMA a tutte le donne. (…) Noi chiediamo l’uguaglianza tra coppie omosessuali ed eterosessuali per l’accertamento della filiazione dei loro bambini. Noi chiediamo che (…) cessino immediatamente le discriminazioni di cui sono vittime i bambini cresciuti nelle famiglie omoparentali”, rivendicano le “343 donne Fuorilegge” nel loro “manifesto”. Insomma, il percorso di guerra è cominciato.

Uguaglianza di diritti, non-discriminazione dei bambini nati in famiglie omoparentali, adozione per tutti: l’arma delle parole farà vincere la battaglia dei diritti? La giurista Aude Mirkovic, professoressa associata di diritto privato, autrice di “PMA, GPA, la controversia giuridica”, dimostra che dietro le buone intenzioni si profilano dei veri “drammi” umani. Le Point.fr l’ha intervistata.

Le Point.fr: Pensa che l’azione delle “343 Fuorilegge” contribuisca a far pressione sul legislatore e il giudice perché sia riconosciuto uno status a questi bambini nati per mezzo di PMA e GPA (Gestazione Per Altri/Utero in affitto/ndr) che cresceranno in Francia?

Aude Mirkovic: Ma questi bambini hanno già uno status! Hanno una madre, colei che li ha messi al mondo. Purtroppo per loro, non conoscono il padre, che è un donatore anonimo. Ciò non vuol dire che siano senza “status”. 343 Fuorilegge, corrispondono a 343 bambini privati del padre, non vedo la ragione per cui far pressione sul legislatore! 343 donne possono comunque vantarsi di essersi fatte inseminare in Belgio per avere un figlio senza padre, e io non vedo niente qui che favorisca l’interesse del bambino. Queste donne hanno certamente le migliori intenzioni, e l’amore che hanno verso i figli non viene messo in discussione. Ma se ci si mette dal lato del bambino, quest’amore è molto ambiguo: “Vogliamo amarti così tanto che cominciamo col privarti di tuo padre, per tenerti solo per noi stesse”. È ingiusto privare deliberatamente un figlio del padre. Lo si potrà successivamente ricoprire di coccole e regali, che tuttavia non potranno rimpiazzare il padre che non avrà mai.

Lei indica anche nel suo libro che il fatto di aprire la PMA alle coppie di donne condurrebbe inevitabilmente all’apertura ai pensionati, alle vedove…

A.M. Oggi, nel diritto francese, la PMA mira a rimediare ad una infertilità patologica: per avervi accesso, è necessario essere un uomo e una donna, vivi e in età procreativa, affetti da un’infertilità diagnosticata medicalmente. Ora, l’incapacità a procreare di persone troppo anziane o di coppie dello stesso sesso, non ha niente di patologico e non ha alcuna vocazione ad esser presa in carico dalla medicina. In particolare, una donna sposata con un’altra donna non è sterile. È la sua relazione omosessuale ad esserlo. Se si accetta che questa donna sia inseminata da un donatore, si abbandona il criterio terapeutico della PMA. E allora tutti coloro che lo desiderano dovranno avervi accesso: donne celibi, donne in menopausa, vedove, ivi comprese del resto le coppie uomo-donna fertili. La società deve quindi domandarsi fino a che punto vogliamo spingerci con la tecnica: compensare un’infertilità medica o passare alla PMA di convenienza?

Si invoca specialmente “l’interesse del bambino” per giustificare l’allineamento dei diritti di tutti i bambini, qualunque sia il modo di concepimento. Ora, secondo lei, è altrove che si colloca il vero “interesse del bambino”, precisamente nel fatto stesso della sua nascita: cancellando l’ascendenza biologica del bambino (attraverso una PMA o una GPA), andremmo contro il suo “interesse” a nascere?

A.M. Esattamente. La Convezione di New York sui Diritti del Fanciullo dice che il bambino ha il diritto, nella misura del possibile, di conoscere i suoi genitori e di essere cresciuto da questi ultimi. Concepire un bambino di un donatore anonimo cosicché non abbia un padre attenta a questo diritto elementare di ogni bambino. E le stesse persone che lo privano di un padre invocano poi il suo interesse per chiederne l’adozione. Ora, fabbricare un bambino già in stato di adottabilità è una grave ingiustizia. E’ un grave attentato al diritto del bambino, che i giudici non saprebbero garantire pronunciando l’adozione richiesta. L’adozione è un istituto che pone rimedio. Non priva il bambino di nulla, pone rimedio a ciò che il bambino ha perduto, vale a dire uno dei suoi genitori o entrambi, affidandolo a genitori adottivi. Al contrario, la PMA per le donne priva deliberatamente il bambino del padre.

Infine, come vede il futuro della famiglia e del diritto della filiazione?

A.M. La famiglia e il diritto della filiazione hanno bisogno di ritrovare il contatto con la realtà e, in questo caso, la realtà biologica. Si è voluto fare come se nulla fosse successo e come se la genitorialità dello stesso sesso non cambiasse nulla. Ma è falso. La filiazione indica a ciascuno da dove proviene. Rimanda alla generazione del bambino, più spesso biologica, ma anche simbolica: un certo bambino non proviene biologicamente dai suoi genitori legali, ma si pensa tale, si costruisce come tale. Le stesse persone che pretendono che la biologia non conti nulla, e che conti solo la volontà, l’intenzione di essere genitore, si aggrappano pure allo stesso tempo alla biologia: innanzitutto, quando due donne hanno fatto ricorso all’inseminazione con donatore, quella delle due che è stata inseminata e mette al mondo il bambino si considera veramente come ciò che è, la madre biologica, e per niente al mondo scambierebbe il suo bambino con un altro. Al contrario, per designare la sua compagna come seconda madre, le due donne vogliono credere stavolta che la biologia non conti affatto. Oppure delle coppie di donne cercano di fruire dei gameti dello stesso donatore per creare un legame biologico tra i loro due figli. O ancora una donna dà i propri ovociti alla sua compagna affinché il bambino sia il figlio genetico di una e portato in gestazione dall’altra.

Il risultato è che il bambino si trova al cuore di bricolages procreativi per volontà di adulti che hanno deciso tra di loro come spartirsi il bambino tra donatori, genitori biologici o genitori d’intenzione. La vita si incarica abbastanza spesso di privare i bambini di uno o di entrambi i genitori, non è compito della legge pianificare un tale dramma!

FONTE: http://www.lepoint.fr/chroniqueurs-du-point/laurence-neuer/filiation-vers-des-pma-de-convenance-21-06-2014-1838414_56.php

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“UNIONI CIVILI”, MANIF POUR TOUS ITALIA: LA FAMIGLIA NON HA UGUALI, NO MATRIMONI-BIS CON ADOZIONI MASCHERATE

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Roma, 17 giugno 2014

La Manif Pour Tous Italia considera il progetto di “unioni civili” proposto dal Partito Democratico e appoggiato dal Presidente Renzi in contrasto con i criteri direttivi presenti nella Costituzione sul rapporto tra il riconoscimento dei “diritti inviolabili dell’uomo (…) nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità” (art. 2), tra i quali rientrano i diritti personali dei componenti un’unione omosessuale, e il riconoscimento degli specifici “diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” (art. 29).

Il progetto di “unioni civili” in discussione crea di fatto un matrimonio-bis aperto alle sole coppie di persone dello stesso sesso, a cui si applicherebbe per intero la disciplina matrimoniale riservata alla famiglia dal Codice Civile in ragione della sue specifiche ed impareggiabili caratteristiche antropologiche e sociali. Una tale, sostanziale equiparazione non è conforme al richiamato equilibrio tra realtà ed interessi differentemente considerati dalla Costituzione – con buona pace di una scriteriata forma d’ideologia “egualitarista” assai in voga in merito tra le associazioni del movimento gay.

Se, da una parte, è auspicabile un intervento legislativo che chiarisca ed armonizzi i diritti e i doveri di una persona dipendenti da una situazione di stabile e responsabile convivenza, non ha fondamento giuridico né politico imputare ad una simile formazione sociale la medesima disciplina che regola lo speciale rapporto tra la società e la famiglia, con tutte le conseguenze che ciò comporta anche quanto all’accesso alle risorse economiche pubbliche: agevolazioni e provvidenze che l’art. 31 della Costituzione destina alla famiglia proprio in ragione dell’ineguagliabile contributo al bene comune connesso alla crescita e all’educazione dei figli.

Gravissima e del tutto irricevibile, infine, la prevista possibilità per uno dei conviventi di diventare genitore adottivo del minore che sia già figlio dell’altro (“stepchild adoption”). Si giustifica questa previsione in termini di tutela del minore, nel caso in cui rimanesse privo del genitore e delle garanzie connesse alla sua potestà. Senza alcun bisogno di confondere le figure genitoriali di un fanciullo, tuttavia, la legge già prevede specifici istituti destinati allo svolgimento dei compiti dei genitori in caso di loro impossibilità o incapacità, come quello del tutore legale. La stepchild adoption è, invero, il tipico primo passo verso l’incondizionata possibilità per coppie dello stesso sesso di adottare e di accedere alle tecniche di fecondazione artificiale e medicalmente assistita: scenario che farebbe saltare anche nella società italiana quell’ordine naturale di filiazione per interessi meramente egoistici.

La Manif Pour Tous Italia annuncia quindi un impegno attivo, anche mediante il coinvolgimento della società civile, a favore di una considerazione del fenomeno in tema più equilibrata e conforme alla Costituzione, e invita chiunque creda che la famiglia non abbia uguali a profondere nella stessa direzione ogni sforzo fisico e morale.

La Manif Pour Tous Italia

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Il paradosso norvegese

E’ stato molto richiesto. Ecco a voi questo video dirompente IL PARADOSSO NORVEGESE di Harald Eia. Consigliamo la proiezione con dibattito nelle scuole ai professori di religione, nei gruppi di famiglie, nei gruppi giovanili,nei gruppi culturali, anche tra amici. Questo solo video fatto con ironia e simpatia, ma con una intelligenza acutissima ha messo in ginocchio le pretese di scientificità della teoria sociologica-psicologica del gender. 30 minuti di documentario che incatenano al video. Ringraziamo ancora Caterina Masso e Benedetta Scotti  per la traduzione e i sottotitoli in italiano.

http://m.youtube.com/watch?v=2qx6geFpCmA 

 

Il mito dei paesi nordici come “fari della civiltà” è ancora vivo per tanta gente. In particolare molte donne italiane apprezzano l’origine della ideologia della parità di genere che si è ormai radicata nella società fino a rendere indistinti i ruoli maschili e femminili. Si può riconoscere che certe conquiste siano state positive: sono i paesi dei congedi di maternità di 13 mesi, dei nidi in azienda, del welfare state più sviluppato al mondo. Tutto questo è anche frutto del gender equality, ideologia basata su più di 50 anni di femminismo di cui studiosi e politici nordici sono stati i principali promotori. Nelle loro teorie molti policy maker hanno trovato le basi per portare avanti le politiche per la parità di genere. Basta guardare, per esempio, le Organizzazioni non governative (Ong) e le istituzioni per lo sviluppo svedesi: sono state tra le prime a collegare il ruolo della donna allo sviluppo internazionale e, da allora, a incorporare le politiche per la parità di genere negli interventi sul campo.

Il punto di partenza di queste politiche è il concetto di gender (genere), che si riferisce a dei ruoli – quello maschile e quello femminile – che secondo la maggior parte dei ricercatori in materia sono socialmente costruiti e in costante evoluzione. Ci sarebbe quindi una netta separazione tra il sesso, ossia le differenze fisiche tra uomo e donna, e il gender, che comprende un insieme di comportamenti, condizionamenti e aspettative imposti da parte della società sull’individuo. Su quali elementi debbano rientrare nel concetto di gender, però, non esiste una posizione condivisa. Nonostante questo, quasi tutti i sostenitori di questa tesi sono d’accordo su una cosa: che i gender roles (ruoli di genere) vanno cambiati per liberare le donne da questo insieme di condizionamenti psicologici e culturali collegati al loro essere donne. In questo modo potranno godere di una vera e propria uguaglianza rispetto agli uomini.

harald-eiaÈ questo quello che si è cercato di fare in Norvegia negli ultimi decenni, attraverso una moltitudine di politiche e piani d’azione. Dal punto di vista normativo donne e uomini sarebbero ormai liberi di comportarsi in maniera completamente uguale. Diversi studi, però, hanno messo in luce il Norwegian gender paradox, il paradosso norvegese del gender. Si tratta di una segregazione verticale tra uomini e donne nei settori di lavoro, che dimostra come le donne continuino a scegliere professioni tradizionalmente viste come “femminili” e gli uomini quelle tradizionalmente “maschili”. Questo fenomeno è stato oggetto di ricerca da parte di Catherine Seierstad, della Queen Mary University of London. La studiosa ha cercato di capire come mai, nonostante tutti gli sforzi normativi per la parità di genere, i comportamenti dei due sessi non rispecchino l’uguaglianza tanto ricercata.

Mosso dalla stessa curiosità, il comico e sociologo norvegese Harald Eia ha cercato di approfondire la questione attraverso un documentario in sette puntate mandato in onda nel 2010. Eia si è rivolto agli studiosi del gender norvegesi, molti dei quali appartenenti al Nordic Gender Institute, un centro di ricerca nordeuropeo che promuove, raccoglie e diffonde ricerche e studi su temi di gender e di sostenibilità ambientale. Attraverso una serie di interviste, Eia ha chiesto agli studiosi le ragioni per cui donne e uomini dovrebbero essere uguali e come mai la situazione sembra essere diversa. Viaggiando poi tra Stati Uniti e Gran Bretagna, il comico ha visitato alcune delle università più prestigiose al mondo (da Cambridge e Durham alla California State University, passando per UCLA) per incontrare professori di psicologia (R. Lippa, A. Campbell), medicina (S. Baron-Cohen) e sociologia che sostengono la tesi opposta: che le donne e gli uomini cioè sono, alla fine, ben diversi tra di loro e che questo fatto viene rispecchiato dai loro comportamenti. Di fronte alle “prove” (Eia ha registrato tutte le sue interviste, mostrandole agli studiosi suoi connazionali), i maggiori esponenti della gender theory sono sembrati incapaci di fornire spiegazioni scientifiche per la loro linea di pensiero.

Uno degli effetti immediati del documentario è stata la decisione, da parte del consiglio dei ministri dei paesi nordici (Nordic Council of Ministers) di tagliare i fondi al Nordic Gender Institute, provocandone la chiusura. Infatti, il documentario apre anche una domanda importante riguardo alla gender theory. Alla luce di studi autorevoli che dimostrano la netta differenza esistente tra uomini e donne, non potrebbe essere proprio questa diversità a costituire il vero punto di partenza per difendere e rispettare la dignità della donna?

Costanza Tognini   per  La nuova Bussola Quotidiana.

 

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