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I FANTOMATICI “100.000 FIGLI DI COPPIE GAY”

Trattando di “omogenitorialità” – cioè del fenomeno per cui coppie di persone dello sesso si ritrovano a crescere figli avuti da precedenti rapporti eterosessuali o tramite PMA eterologa o utero in affitto – è assolutamente inevitabile imbattersi in una sorta di numero magico: 100.000.

Non c’è articolo, intervista, saggio, video, servizio, blog, post, tweet che trattando il tema non tiri fuori i centomila fantomatici “figli di coppie gay” in Italia. Il momento è precisamente quello in cui si dice: anche se non sei d’accordo col fatto che un bambino possa avere “due papà” o “due mamme”, nella realtà pratica, concreta e quotidiana questo fenomeno è già largamente diffuso, ed è quindi degno di tutela per questioni di giustizia sociale. Per la serie: il mondo cambia e tu non puoi farci niente. Il tentativo è quello di metterti con le spalle al muro della Storia. Quello che segue però è una ridicola mitragliata di pallottole di carta.

A parte il fatto che non è la diffusione di una realtà che la giustifica in sé, e quindi non può tantomeno bastare a giustificarne il riconoscimento giuridico se a prescindere dalla “quantità” c’è un problema di “qualità”, a parte questo discorso, c’è da dire che questa cifra è assolutamente inventata.

Semmai dovesse rifilarvela qualcuno con cui state discutendo sul tema, iniziate esigendo la fonte di questo dato. Nell’esperienza di chi scrive la carica dei Centomila è saltata fuori in decide di discussioni con attivisti, “esperti” e simpatizzanti delle cause Lgbt. Nessuno – dicasi nessuno – ha saputo dare tracciabilità di questa cifra. Il che ci fa già capire come si sia diffusa per la potenza del passaparola mediatico. Tam-tam. L’ultima volta mi è capitato nell’Aula Magna del liceo romano Giulio Cesare, dove ho discusso di “matrimonio e adozione gay” col presidente del GayCenter Fabrizio Marrazzo davanti a circa duecento studenti.

Al risuonare della fatidica cifra mi si è sciolto il cuore al pensiero che avrei dovuto mettere in forte imbarazzo il mio interlocutore, poiché ero certo che non avesse la benché minima idea della fonte di quel numero. Infatti, a domanda, nessuna risposta. Qualche minuto dopo una collega dell’Arcigay gli passa il cellulare con la pagina di Wikipedia dedicata all’omogenitorialità, in cui ovviamente il primo paragrafo inizia così: “In Italia, i bambini con genitori omosessuali sono circa 100.000“. Fai per cliccare sulla nota che rimandi alla fonte del dato ma – ops! – non c’è nota né fonte. Nemmeno qui, che disdetta.

C’è però un’origine al tutto, e anche Wikipedia vi fa un (ovviamente) impreciso accenno.

Nel 2005 – dieci anni fa – l’Arcigay ha attuato il progetto “Survey nazionale su stato di salute, comportamenti protettivi e percezione del rischio HIV nella popolazione omo-bisessuale” (detto anche “Modi Di“), col patrocinio dell’Istituto Superiore di Sanità (cioè con 40.000€ di finanziamento pubblico). A parte i fondi, l’intero progetto è stato gestito dall’Arcigay e diretto dal suo “responsabile salute”, il sociologo Raffaele Lelleri, più una serie non meglio identificata di “vari referenti Arcigay” e “équipes scientifiche“. L’associazione ha raccolto circa 10.000 questionari anonimi (l’80% compilati via internet) e ne ha usati 6.774 per costituire il campione di riferimento secondo i soliti principali parametri (sesso, età, localizzazione).

Il metodo di campionamento statistico utilizzato è quello cosiddetto “a valanga” (snowball): si parte da una serie di contatti mirati iniziali e si chiede a loro di rigirare il questionario ad un’altra serie di loro contatti che possono essere ricompresi nel target richiesto dall’indagine. Questa modalità è usata per intercettare fasce di popolazione che difficilmente potrebbero essere studiate secondo i metodi statistici più affermati, ma proprio per questo vi è una inevitabile carenza in molti dei presupposti giustificativi delle nozioni convenzionali di selezione casuale e di rappresentatività. In altre parole: l’esigenza di formarsi un’idea approssimativa riguardo una realtà su cui si hanno in assoluto pochi dati sacrifica l’affidabilità statistica generale dello studio. E’ evidente infatti che nel medoto “a valanga” il campione rilevato dipende in modo determinante da come gestiscono il “passaparola” i primi contatti mirati, da chi siano questi stessi e dalle caratteristiche omogenee delle loro frequentazioni.

Ciò detto sull’affidabilità generale dello studio – che rimane ovviamente un importante spunto di conoscenza circa un fenomeno di grande rilievo pubblico come quello della prevenzione dell’HIV nella popolazione omosessuale – quel che ci interessa in questa sede è questo passaggio:

MODI DI

Come si può leggere direttamente dalla fonte, l’indagine, al netto dei suoi forti limiti strutturali, si limita a suggerire il dato per cui circa il 5% della popolazione omosessuale italiana avrebbe almeno un figlio. Secondo il censimento Istat del 2011, le persone che si definiscono omosessuali in Italia sono circa 1 milione. Ne deriva che circa 50.000 persone in Italia hanno un genitore omosessuale. Per arrivare a 100.000 bisogna affermare che il censimento ha una quota di “non dichiarato” pari al 100% di quella invece dichiarata. Statisticamente arduo da sostenere. Anche se fossero 100.000, comunque, si tratterebbe ugualmente di figli che hanno il padre o la madre che si sono dichiarati omosessuali al momento del sondaggio, e non di figli che vivono in coppie gay. Eppure questo è quello che si sostiene incredibilmente oggi.

La vera e propria mutazione di dati apparentemente chiari nella loro semplicità non ha risparmiato nemmeno l’instancabile attività divulgativa su questi temi della filosofa e bioeticista Chiara Lalli, in genere assai accorta alla questione della coerenza – e dunque onestà – argomentativa nei suoi diversi elementi discorsivi. Scrive Lalli sul n°33 della rivista “Darwin”:

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Lalli parte bene citando correttamente il report quando afferma che le percentuali richiamate riguardano persone omosessuali che “hanno almeno un figlio”, e non il numero di figli che vivono in una coppia di genitori gay; ma poi conclude comunque inspiegabilmente con i fantomatici “centomila figli cresciuti in una famiglia gay”. Avere il padre o la madre omosessuale significa “crescere in una famiglia gay”? Anche se un figlio avesse sia il padre che la madre omosessuali, comunque non si tratterebbe della fattispecie di “coppia gay” cui ci si intende riferire quando si parla di omogenitorialità (che riguarda l’uguaglianza di sesso nella coppia, non l’orientamento sessuale).

Lalli compie peraltro un secondo errore di citazione, quando scrive che ad avere almeno un figlio oltre i 40 anni sono il 17,7% dei gay e il 20,5% delle lesbiche. Come si vede nella tabella riportata più sopra, queste percentuali non si riferiscono a gay e lesbiche, ma a “MSM” e “FSF”. Di che si tratta?

Passo indietro. Di chi sono state accettate le risposte al questionario? Chi ha risposto? Sempre riportando direttamente il report conclusivo, apprendiamo quanto segue:

FMF

‘MSM’ e ‘FSF” significa “Male seeking male” (maschi in cerca di maschi) e “Female seeking female” (femmine in cerca di femmine), ed è la categoria che non comprende solo chi si definisce gay o lesbica, ma chi, a prescindere da questioni di stabile orientamento sessuale, ha avuto almeno un rapporto sessuale con una persona dello stesso sesso nell’ultimo periodo. Ecco perché il numero di persone che hanno dichiarato di avere almeno un figlio è più alto in questa categoria, perché non comprende solo gay o lesbiche secondo la tradizionale identificazione Lgbt.

Insomma, la questione dei “centomila figli di famiglie gay” è una vera e propria nube di falsità che si aggira ovunque si parli di omogenitorialità per oscurare la realtà dei fatti. Una nube che ha l’ovvio intento di creare nel pubblico la sensazione di un fenomeno ormai diffuso e praticato che non si può non dotare di riconoscimento giuridico.

Ammettendo senza concedere un certo grado di attendibilità alla ricerca “Modi Di”, l’’affermazione più prudentemente corrispondente al verosimile è che (forse) circa 50.000 persone in Italia potrebbero avere almeno un genitore omosessuale; ma si tratterebbe comunque di persone che hanno un padre e una madre.

É semplicemente fantastico che gli attivisti Lgbt in 10 anni si siano da una parte reinventati di sana pianta gli esiti di una loro indagine, e dall’altra si siano proprio dimenticati di averla mai condotta! Meraviglioso.

Tanto per capire quanto sballato possa essere dire che in Italia ci sono “centomila figli di coppie gay”, basta pensare che negli Stati Uniti d’America questi figli sono considerati, secondo studi ben più fondati,  nel numero di circa 200mila. Su 318 milioni di abitanti. In Italia (in cui tra l’altro manca pure l’accesso alla PMA o alla surrogata per queste coppie) 100mila su 59 milioni. Fate un po’ voi.

Non sappiamo proprio niente su figli che vivano in coppie di persone dello stesso sesso? Qualcosa sì. Abbiamo due dati, tutti e due di fonti imparziali se non parziali in senso opposto a quello presunto dalle associazioni Lgbt.

Il primo è il censimento Istat del 2013, che ha rintracciato in Italia 529 minori attualmente conviventi in coppie di persone dello stesso sesso.

Il secondo è il numero degli iscritti all’associazione “Famiglie Arcobaleno”, che comprende le coppie gay che rivendicano ufficialmente e pubblicamente il diritto di veder legalizzata la loro condizione di omogenitorialità (sono i primi sponsor dei corsi sull’ideologia gender nelle scuole). Fino a maggio scorso la presidente Giuseppina La Delfa dichiarava la presenza nelle coppie iscritte di 300 figli.

Trecento.

No, non è Sparta. È Disneyland, “dove vivono i sogni”. E le balle.

- Filippo Savarese
portavoce La Manif Pour Tous Italia
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UE: “MATRIMONIO GAY E’ DIRITTO UMANO”? BUFALA!

Titoloni, titoli e sottotitli. Post, like, tweet e ritweet. Breaking news.

Tutto in queste ore ci urla nelle orecchie: “l’Unione Europea ha deciso, il matrimonio gay è un ‘diritto umano’ e gli Stati devono adeguarsi“. Il problema è che la gente ci crede pure.

Intanto non si può parlare dell’”Unione Europea” ma del “Parlamento Europeo”, cioè l’organo meno influente sulle politiche nazionali tra tutti quelli dell’UE (per ovvie questioni di salvaguardia della sovranità dei singoli Paesi).

Secondo poi, il Parlamento Europeo non ha deciso un bel nulla sul matrimonio gay. Intanto per una questione semplice e quasi banale, e cioè che in base alle regole dei Trattati non ha il minimo potere di farlo; e poi perché ciò di cui si tratta è una risoluzione politica non vincolante. Si dirà: beh, non è cosa da poco che il Parlamento Europeo abbia definito il matrimonio gay come diritto umano. Non ha fatto nemmeno questo, benché l’associazionismo Lgbt si stia dissanguando per farlo credere in ogni dove e con il compiaciuto appoggio di tutta la stampa (inconsciamente, non solo quella laicista).

La risoluzione politica prendendo atto «della legalizzazione del matrimonio e delle unioni civili tra persone dello stesso sesso in un numero crescente di Paesi nel mondo, attualmente diciassette, incoraggia le istituzioni e gli Stati membri dell’Ue a contribuire ulteriormente alla riflessione sul riconoscimento del matrimonio o delle unioni civili tra persone dello stesso sesso in quanto questione politica, sociale e di diritti umani e civili».

Il Parlamento si limita, per così dire, a premere perché il tema sia discusso e dibattuto. Ma se sia o no una “questione di diritti umani e civili” è proprio l’oggetto della riflessione a cui si invita a contribuire. Altrimenti il Parlamento Ue avrebbe potuto molto più semplicemente chiedere agli Stati di approvare il matrimonio gay in quanto diritto umano. Punto. Chiaro e conciso. E invece si chiede solo di contribuire alla riflessione posta in quei termini. Riflessione a cui si può contribuire con un bel: “Ehi, per me il matrimonio ha a che fare con la potenzialità procreativa dell’unione tra un uomo e la donna in virtù del maggior bene sociale dei figli. Chiaro? Grazie della chiacchierata e tanti saluti“. Dopotutto è precisamente quello che risponde alla risoluzione del Parlamento Europeo la nostra Costituzione, come ha chiarito nel 2010 e nel 2014 la Corte Costituzionale.

L’altro essenziale motivo per cui non è possibile affermare che il Parlamento Europeo ha dotato il matrimonio gay dell’aureola di “diritto umano”, è che la Corte Europea dei Diritti Umani ha già confermato che non lo è affatto, sulla base della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che all’art. 12 riconosce come diritto universale al matrimonio solo quello tra un uomo e una donna. Gli Stati sono liberi di ampliare la concezione a loro piacimento, anche fino alla poligamia o al matrimonio incestuoso, ma la Convenzione non obbliga minimamente a farlo e da parte sua promuove solo quello monogamico tra l’uomo e la donna (sentenze CEDU Schalk and Kopf v. Austria e Hamalainen v. Finlandia).

Quindi è assolutamente opportuno riportare il discorso ai suoi termini reali:
- le risoluzioni del Parlamento Europeo influenzano il dibattito politico;
- i diritti umani sono regolati in UE dalla Convenzione Europea dei Diritti Umani;
- sulle questioni dei diritti umani decide la Corte Europea dei Diritti Umani;
- sul matrimonio la Corte ha deciso che quello “per tuttiNON è un diritto umano.

La stampa può modellare i titoli quanto vuole: finché i fatti resteranno chiari così come descritti e noi non ci faremo influenzare dalle pressioni mediatiche, resteranno solo parole al vento. Non dobbiamo assolutamente commettere l’errore di fare da cassa di risonanza a questa disinformazione, ma anzi cogliere l’occasione per far capire al popolo che c’è chi sta cercando di circuire la sua volontà con truffe politiche.

Filippo Savarese
portavoce Manif Pour Tous Italia

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REGGIO CALABRIA: COMUNE PROMUOVE LA FAMIGLIA E CONDANNA IL GENDER

Il circolo reggino de La Manif Pour Tous Italia esprime piena soddisfazione per l’approvazione da parte del Consiglio comunale di una mozione, presentata dal consigliere di minoranza Massimo Ripepi, a sostegno della famiglia naturale.

Nel testo di questa mozione, dopo aver ribadito la centralità della famiglia fondata sul matrimonio come unione fra un uomo ed una donna, dopo aver rivelato la pericolosità liberticida della legge Scalfarotto cosiddetta “anti-omofobia”, dopo aver espresso preoccupazione per la diffusione nelle scuole italiane di progetti (dis)educativi orientati all’ideologia gender, si legge che “il Consiglio comunale dichiara la propria opposizione a qualunque tentativo di introdurre nell’ordinamento giuridico disposizioni normative tali da alterare la stessa struttura della famiglia, comprimere i diritti dei genitori all’educazione dei propri figli, ignorare l’interesse superiore dei minori a vivere, crescere e svilupparsi all’interno di una famiglia naturale.

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In un momento storico particolare in cui la famiglia sta subendo pesanti attacchi ideologici dalla cultura gender, questi passaggi della mozione risultano essere molto importanti perché manifestano una posizione ed una volontà chiara e risoluta da parte del Consiglio comunale. Una posizione che necessariamente deve ora tradursi anche nel definitivo abbandono da parte dell’amministrazione comunale del progetto illegale di istituire un “registro per le unioni civili” che può “alterare la stessa struttura della famiglia” così come definita e riconosciuta esclusivamente col matrimonio dalla Costituzione.

La mozione si chiude con due impegni concreti rivolti alla Giunta comunale: istituire una “Festa della Famiglia Naturale” e chiedere al Governo italiano di mettere al bando il documento “Standard per l’Educazione Sessuale in Europa” redatti dall’ufficio regionale per l’Europa dell’OMS e totalmente incentrato su una iper-sessualizzazione dei minori si dalla più tenera età (il documento raccomanda di trasmettere ai bambini da 0 a 4 anni informazioni sulla “masturbazione precoce”).

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La Manif Pour Tous Italia – Reggio Calabria

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“DDL PUGLISI”, MANIF ITALIA: NO ADOZIONE INDIVIDUALE E A…

“Immaginare di far adottare minori a singoli individui o a coppie non sposate se non nei gravi ed eccezionali casi già normati significa abbandonare la prospettiva del miglior interesse del bambino che deve permeare ogni decisione che ricada su questi soggetti deboli”. Lo dichiara Filippo Savarese, portavoce de La Manif Pour Tous Italia, circa l’emendamento presentato dalla senatrice Puglisi (Pd) al disegno di legge di cui è prima firmataria che permette a chi ha in affidamento minori di poterli poi anche adottare, sviluppo oggi vietato dal Codice Civile.

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“La ratio generale della legge è ottima – continua Savarese – ma l’affidamento e l’adozione sono istituti differenti che rispondono a diversissime esigenze personali e sociali del minore, ed è per questo che all’affidamento temporaneo possono accedere anche singoli individui o coppie conviventi mentre l’adozione permanente è consentita solo da parte di coppie sposate, in cui il bambino ritrova la migliore dimensione familiare possibile. Quindi va benissimo costruire un ponte tra affido e adozione, ma che possa essere attraversato solo da chi secondo le scienze sociali garantisce nel lungo periodo il miglior interesse del bambino: un uomo e una donna che siano un nuovo papà e una nuova mamma uniti in una relazione affettiva stabile, duratura e soprattutto socialmente responsabilizzata con l’impegno pubblico del matrimonio”.

La Manif Pour Tous Italia individua inoltre nell’apertura scriteriata dell’adozione di minori a tutti i soggetti attualmente ammessi all’affidamento un pericolosissimo passo verso l’adozione a coppie di persone dello stesso sesso, già affidatarie di minori per l’interventismo giurisprudenziale di alcuni Tribunali italiani.

“Rispettare il diritto dei bambini orfani o in stato di abbandono di crescere con un uomo e una donna che siano per loro il papà e la mamma che hanno perduto è un vincolo etico e giuridico assoluto per la società, che non ha alcun diritto di sperimentare con i bambini alchimie familiari che non sono nel loro maggior interesse ma anzi li penalizzano menomando le loro opportunità di pieno sviluppo”, conclude Savarese.

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La Manif Pour Tous Italia

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LA PROFEZIA DI SCALFAROTTO: “ENTRO DUE ANNI….”

Ivan Scalfarotto ne è certo: “entro due anni” in Italia il matrimonio sarà esteso anche a coppie di persone dello stesso sesso; “per forza”, aggiunge.

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Intervistato oggi a ‘Un Giorno da Pecora’ su RaiRadio2 il sottosegretario alle Riforme del Pd e primo sponsor del disegno di legge anti-omofobia (che non chiarisce affatto cosa sia “omofobico” mettendo in pericolo la libertà d’opinione) afferma che “le
alte magistrature dello Stato ed anche internazionali ad un certo punto ce lo imporranno“. Nientemeno.

Alcune considerazioni. Primo: quanta superficialità nell’affermare che una modifica così grave e incisiva dell’ordinamento giuridico sarà “imposta” al popolo dai giudici, addirittura sovranazionali. Va bene che all’associazionismo Lgbt non è mai riuscito di attecchire più di tanto in Italia, nemmeno quando è stata al Governo la parte politica che più dichiaratamente ne accoglieva le istanze, ma arrivare addirittura a sperare l’entrata a gamba tesa del potere giudiziario nel campo di quello legislativo è davvero grave.

Secondo: in realtà, la legittima speranza di Scalfarotto è priva di qualsiasi fondamento empirico. Anzi, tutto quel che è capitato fino ad oggi consolida l’idea che se il movimento gay non riuscirà a cambiare, e di molto, l’opinione della maggioranza del popolo italiano (i contrari al “matrimonio” gay sono aumentati nell’ultimo anno dell’8,5%, toccando quota 60%), nessuna magistratura per quanto “alta” potrà arrivare in suo soccorso.

- Quanto alla dimensione nazionale, la Corte Costituzionale ha sentenziato nel 2010 e ribadito nel 2014 che il matrimonio previsto in Costituzione è quello tra un uomo e una donna, e ciò perché la Costituzione stessa guarda alla famiglia come la società naturale dotata di “potenziale capacità procreativa“. La Corte di Cassazione, sottostando a questa constatazione, ha anch’essa sentenziato nel 2012 e ribadito nel 2015 che sono illegittime le trascrizioni di matrimoni contratti all’estero tra persone dello stesso sesso, e che coppie di persone dello stesso sesso non possono chiedere ai Comuni di avviare procedure civili di matrimonio. Le “alte magistrature” italiane finiscono qui, e si sono già espresse con assoluta chiarezza.

- Oltre la dimensione nazionale c’è la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Anche in questa sede, e non dispiace certo smentire le attese di Scalfarotto, si è sempre e costantemente sentenziato che i Trattati dell’Unione Europea in nessun modo vincolano gli Stati membri a modificare il regime matrimoniale. Inoltre, ha sempre affermato la stessa Corte, il fatto che nell’Unione il matrimonio sia ancora largamente considerato per sua natura l’unione tra un uomo e una donna impedisce di rintracciare anche una sola forma di “consenso” tra i Paesi membri sul concetto di “matrimonio egualitario”.

Insomma, anche con l’intervista di oggi Scalfarotto sembra gettare il cuore oltre l’ostacolo, sopratutto però per compiacere i referenti dell’associazionismo gay che continuamente lo tallonano e gli rinfacciano i nulli risultati sul fronte dell’”Agenda Lgbt” in Italia. Stavolta, però, gli ostacoli sono due e non si lasciano aggirare facilmente per loro stessa natura. Sono il Diritto e, soprattutto, la volontà popolare.

A presidio di entrambi vigileremo anche noi de La Manif Pour Tous Italia.

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PD: “LA FAMIGLIA? UN SIMBOLO ANTI-GAY”

La Manif Pour Tous Italia porta avanti da mesi il tuor “600mq di Famiglia“: una enorme bandiera di 600 mq raffigurante il logo della Manif fa tappa a sorpresa in diverse città italiane per mantenere alta l’attenzione sulla centralità sociale e antropologica della famiglia, contro l’ideolgia gender che ne vorrebbe neutralizzare le specificità.

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Il Partito Democratico di Empoli però non ha gradito l’esposizione della nostra bandiera nella città toscana lo scorso giovedì. Con un comunicato stampa siamo stati accusati di essere “anti-gay” (?) e di opporci ai diritti fondamentali delle persone.
Il livello di intolleranza verso chi riafferma l’unicità della famiglia, secondo quanto fa la stessa Costituzione italiana, sta raggiungendo livelli veramente inquietanti. E’ la Corte Costituzionale ad aver affermato che “le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio“, ed è per questo che noi protestiamo contro i registri delle unioni civili, che parificano le convivenze alla famiglia, e contro le trascrizioni, illegittime, di matrimoni “gay” contratti all’estero nei Comuni. Come accaduto anche ad Empoli.

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Noi continueremo instancabilmente a portare alto il vessillo della famiglia, senza farci intimidire da nessuno. La famiglia è la cellula elementare della società; la famiglia è il cuore pulsante del progresso umano; la famiglia è l’incubatrice di ogni speranza di futuro.
La famiglia non discrimina nessuno, perché siamo tutti figli di una mamma e un papà, quale che sia il nostro orientamento sessuale.

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LA MANIF A MATTARELLA: SU FAMIGLIA E MATRIMONIO DIFENDERE LA COSTITUZIONE

Signor Presidente,

nel Suo discorso di insediamento Lei ha fatto cenno alla priorità di garantire la Costituzione e viverla ogni giorno, ed è giunto a spiegare che – tra l’altro – ciò significa “sostenere la famiglia, risorsa della società”.

Abbiamo davvero condiviso questo Suo riferimento alla famiglia costituzionalmente intesa quale società naturale fondata sul matrimonio, come pure abbiamo apprezzato il Suo cenno al pieno sviluppo dei diritti di ciascuno “sul piano personale ed affettivo”, sviluppo che Lei ha autorevolmente indicato da realizzarsi nell’ambito dei “diritti civili”.

Ci permettiamo dunque di scriverLe, proprio mentre sono in corso di discussione presso la Commissione Giustizia del Senato della Repubblica una serie di disegni di legge sul tema dei diritti civili delle persone conviventi, poiché alcuni sindaci di importanti città del nostro Paese (Roma, Milano, Napoli, Verona e molte altre) hanno deciso di istituire i registri comunali delle coppie conviventi (anche dello stesso sesso) e hanno ordinato la trascrizione di matrimoni omosessuali celebrati all’estero nonostante il divieto previsto dalla Legge e ribadito formalmente dal sig. Ministro dell’Interno.

Tali decisioni, assunte dai sindaci nella loro veste di ufficiali del Governo (ex DLgs 267/2000),

• sono rese in evidente contrasto con le indicazioni della Corte Costituzionale (sent. 138/2010), che, dopo aver ricordato che “le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio” ha precisato che “nell’ambito applicativo dell’art. 2 Cost., spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette”

• sono inoltre di per sé idonee a ingenerare gravi contraddizioni interne alla funzione amministrativa e possono suscitare confusione nell’opinione pubblica

• portano infine – cosa assai grave – grave detrimento all’attività parlamentare, inficiando di fatto l’autorevolezza e il lavoro delle Camere, cui spetta in via esclusiva l’esercizio della potestà legislativa in tale delicatissima materia, così come ricordato anche in questi giorni dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 2400 del 09/02/2015.

Per questa ragione ci rivolgiamo a Lei affinché, nelle Sue funzioni di arbitro e supremo garante della Costituzione, voglia pubblicamente riaffermare la competenza funzionale del legislatore sul tema.

Siamo persuasi della necessità di rispettare l’attività del Parlamento quale espressione della volontà popolare, e nel contempo promuovere la famiglia, autentica risorsa della società nonché primo e più importante nucleo di coesione sociale del nostro Paese.

Roma, 17 febbraio 2015

IL PRESIDENTE
Jacopo Coghe

Aderiscono:
Antonio Brandi Associazione “ProVita Onlus”
Massimo Gandolfini Associazione “Vita è”
Luigi Amicone Settimanale Tempi
Gianfranco Amato Associazione “Giuristi per la Vita”
Mario Adinolfi Associazione “Voglio la mamma”
Luca Volontè Fondazione Novae Terrae

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L’ITALIA RICORRA CONTRO L’UTERO IN AFFITTO

FIRMA LA PETIZIONE A MATTEO RENZI: http://www.citizengo.org/it/17816-litalia-si-opponga-al-mercato-dei-figli

Nel 2010 una coppia di coniugi italiani di 55 e 43 anni, non potendo avere figli in modo naturale a causa dell’infertilità della donna, si è recata in Russia per sfruttare la pratica dell’utero in affitto (vietata e punita in Italia). Nel 2011 ha ricevuto un bambino in cambio di 50.000 euro.

I pubblici uffici italiani hanno respinto la richiesta dei coniugi di trascrivere l’atto di nascita del bambino, che non aveva legami biologici nemmeno con l’uomo (non solo, ovviamente, gli ovuli ma anche gli spermatozoi erano stati comprati da estranei prima dell’impianto nell’utero della madre portatrice).

Contro i coniugi è stata così aperta una procedura di modifica dello stato civile, nel corso della quale i giudici italiani, in considerazione dell’interesse superiore del bambino e del comportamento illegale della coppia, hanno deciso di rimuovere il minore da quel contesto per affidarlo ai servizi sociali. Dal gennaio 2013 il bambino vive con una nuova famiglia, individuata secondo tutti i criteri di garanzia e adeguatezza richiesti dalla legge.

I coniugi hanno allora fatto ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Con una incredibile sentenza, il 27 gennaio 2015 la Seconda Sezione della Corte ha condannato l’Italia al pagamento di 30.000 euro di danni e rimborsi a favore della coppia. La Corte ha ritenuto violato il diritto dei coniugi alla vita privata familiare.

Dopo aver ribadito che, in teoria, ogni Paese è libero di valutare autonomamente la questione della liceità dell’utero in affitto, e che i coniugi hanno effettivamente messo in pratica un comportamento illegale secondo il diritto italiano, la Corte ha però ritenuto non proporzionata la decisione di allontanare il minore dalla coppia, poiché i mesi di convivenza avevano creato, di fatto, uno stato familiare di per sé degno di tutela nell’interesse del minore.

Nelle loro opinioni dissenzienti allegate alla sentenza, i giudici Raimondi e Spano hanno però affermato che se gli Stati non sono liberi di negare alla pratica dell’utero in affitto qualsiasi effetto giuridico nel proprio ordinamento, la loro autonomia è allora sostanzialmente nulla.

Con la sua ingiusta decisione, la CEDU ha creato un regime di tolleranza legale intorno alla barbara pratica dell’utero in affitto. In nessun caso si può limitare la libertà degli Stati di non riconoscere un “diritto di vita privata familiare” nella situazione nata dalla violazione della legge e dei più elementari diritti umani.

Il Governo Italiano ha la possibilità di ricorrere alla Grande Camera della CEDU contro questa sentenza, evitando che l’Italia faccia il suo ingresso nel grande mercato internazionale dei figli.

Noi chiediamo al Governo Italiano, nella persona del Presidente Matteo Renzi, di agire prontamente e con fermezza in questa direzione.

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INSIEME AL POPOLO SLOVACCO NEL REFERENDUM PER LA FAMIGLIA

Sabato 7 febbraio in Slovacchia si terrà un referendum per riconoscere nella Costituzione che la famiglia promossa dallo Stato è quella fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, e che i bambini hanno diritto di crescere con un papà e una mamma.

La Manif Pour Tous Italia è al fianco del popolo slovacco e supporta la sua testimonianza per il bene della famiglia e di tutta la società, contro un movimento ideologico che in tutto il mondo, e specialmente in Europa, sta cercando di riscrivere le leggi civili contro quelle naturali più evidenti e condivise.

Negli ultimi anni più di dieci Paesi dell’Unione Europea hanno deciso di dotare il riconoscimento e la promozione della famiglia naturale fondata sul matrimonio tra l’uomo e la donna di rango costituzionale.

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MATTARELLA SÌ, MATTARELLA NO.. NEL DUBBIO NOI SCEGLIAMO TOLKIEN

Sul fronte della difesa del matrimonio e dei diritti dei figli, quindi della promozione della famiglia, quelli che ci aspettano saranno mesi ad alta tensione. Il disegno di legge “Cirinnà” che istituisce le Unioni Civili tra due persone dello stesso sesso e le parifica al matrimonio, aprendo all’adozione di minori interna alla coppia, è ormai a un passo dall’approvazione in Commissione Giustizia al Senato. Dopodiché, forse già entro marzo, toccherà all’esame dell’Aula intera e s’imporrà, ci auguriamo, come tema forte di dibattito pubblico. Forse allora capiremo in che modo intende davvero gestire l’affare Matteo Renzi, che da sempre promette la regolamentazione delle convivenze tra persone dello stesso sesso (presunte omosessuali) allo zoccolo progressista del suo elettorato, senza mai però sbilanciarsi su una tempistica definita. Intervistato mesi fa dall’Avvenire, disse che il ddl Cirinnà sarebbe stato “superato” da una proposta del Governo, allo stato però non pervenuta.

È chiaro che il Cirinnà costituirà la base del dibattito tra i partiti, e in quel frangente dovremo usare tutta la nostra capacità espressiva per smascherare l’operazione di rottamazione ideologica della famiglia fondata sull’unione tra un uomo e una donna, cellula elementare della società. Faremo capire all’opinione pubblica italiana che si sta cercando di introdurre anche nel nostro ordinamento l’incoerente concetto di “matrimonio gay”. Abbiamo dalla nostra gli incoraggianti dati diffusi in settimana dall’Eurispes, secondo cui in un solo anno gli italiani contrari alla modifica (noi diciamo abolizione) del matrimonio sono aumentati dell’8,5%, raggiungendo il 59,7%. Inoltre i favorevoli alle Unioni Civili – avendo colto il tranello in atto – sono calati di ben il 14,2%.

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Un momento importantissimo in questo quadro di circostanze è stato ovviamente quello dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Sebbene il Capo dello Stato non abbia poteri decisivi sull’iter legislativo di cui si tratta (non potendo rifiutarsi, in ultima istanza e salvo dimettersi, di promulgare una legge approvata dal Parlamento), è chiaro che le sue considerazioni di ordine generale anche solo quanto a un discorso di priorità possono avere effetti significativi su equilibri politici già precari. In merito a questo abbiamo seguito a distanza ma con interesse un appassionato scambio di opinioni tra compagni di questa avventura in nome (e per conto) della famiglia, su quanto l’elezione di Sergio Mattarella possa significare un aumento di garanzia o, al contrario, di rischio per le nostre speranze. Che provenga dal mondo politico del cosiddetto “cattolicesimo democratico” (l’ala sinistra della Democrazia Cristiana) è un buon viatico o un’estrema unzione? Ne è scaturita poi una diatriba dall’aspetto para-teologico sul rapporto tra fede,  dottrina e impegno politico che a noi della Manif non compete nemmeno comprendere nella sua eventuale fondatezza. La Manif nasce infatti dalla convinzione di dimostrare che non si tratta di discorsi (necessariamente) religiosi, ma del tutto laici e razionali.

Che cosa pensiamo dell’elezione di Sergio Mattarella? Quel che si sa per certo è che è personalmente favorevole ad una forma di intervento legislativo sul modello dei Di.Co. di bindiana memoria (sepolti dal Family Day del 2007 a Roma, che per la cronaca vide l’adesione più che benevola dello stesso Renzi, allora Presidente della Provincia di Firenze). Un istituto accessibile a coppie di persone di sesso diverso o uguale, che prevedeva una serie di agevolazioni nei rapporti tra i conviventi in diversi ambiti (sanitario, patrimoniale, lavorativo, previdenziale, etc), che mostrava notevoli criticità ma che certamente non creava il sistema di riconoscimento di una “Unione” di rilevanza pubblica in tutto e per tutto concorrente al matrimonio, come accade col ddl Cirinnà. Si aggiunga poi l’espresso riferimento al “pieno sviluppo dei diritti civili nell’ambito personale e affettivo” nel discorso alle Camere riunite dopo il suo giuramento. Un passaggio salutato dal movimento gay come foriero di buone notizie per il prossimo futuro. Questo basta per fugare la speranza che il Presidente sia di quelli che “su questi temi non deve passare nemmeno mezzo comma”.

D’altro canto bisogna anche avere la capacità di apprezzare (nel senso di dare il giusto prezzo) quei profili tutt’altro che banali di quanto esternato dal Presidente Mattarella, che possono influire a nostro favore nel momento dell’estremo pericolo e bisogno. Ben prima del passaggio sull’affettività richiamato, infatti, nel suo discorso il Presidente aveva ricordato l’urgenza di “sostenere la famiglia, risorsa della società”. Sarebbe un errore non dare il giusto peso all’onesta accortezza di separare sistematicamente e concettualmente questi ambiti, oggi ideologicamente riuniti in un’unica e indefinita espressione di “amore” da così tanti attori del dibattito pubblico. Si badi bene che il Presidente ha definito la famiglia “risorsa della società”, confermandone l’ineludibile rilevanza pubblica per il bene comune, mentre l’ambito di sviluppo dei diritti civili rimane quello “personale e affettivo”. Questa prospettiva ci conferma una cosa che effettivamente appariva comunque indubitabile, data l’identità umana e culturale dell’uomo, e cioè la sua contrarietà ad una ideologica confusione tra la famiglia e altre formazioni sociali fondate sull’affetto reciproco di chi vi sviluppa la propria personalità. Come detto più sopra, in momenti di estremo pericolo questa salda radice potrebbe rivelarsi un appiglio importante.

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Ad ogni modo, anche noi de La Manif Pour Tous Italia vogliamo dire la nostra sul peso che il Presidente Mattarella potrà avere nei mesi che verranno; e la nostra opinione è questa: comunque la pensi e qualsiasi cosa vorrà fare, non sarà dal suo operare che verrà la giustizia che cerchiamo. La salvezza non verrà dall’alto. Il Presidente potrà forse aggiungere qualche personale notazione ai piani del Governo o ai lavori del Parlamento, ma non sarà comunque questo a risultare decisivo. La verità è che in questa grande sfida per il bene dell’uomo e della società, la differenza la faremo noi, il popolo.

Sul finire della sua trilogia, Tolkien così fa parlare Ganfdalf il Bianco: “Non tocca a noi dominare tutte le maree del mondo; il nostro compito è di fare il possibile per la salvezza degli anni nei quali viviamo, sradicando il male dai campi che conosciamo, al fine di lasciare a coloro che verranno dopo terra sana e pulita da coltivare. Ma il tempo che avranno non dipende da noi”.

Chi siamo noi? I coltivatori o gli eredi dei campi? Noi siamo entrambi. Siamo eredi di terra sana e pulita ricevuta da chi l’ha lavorata prima di noi, e allo stesso tempo coltiviamo questi campi perché sopravvivano (anche) alla nostra generazione per il bene di quelle future. Il tempo di quelle generazioni non dipende da noi.

Ma il nostro sì. Prepararsi alla battaglia.

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