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OMOFOBIA: LMPT ITALIA, 11 GENNAIO IN PIAZZA PER LA DIFESA DELLA LIBERTA’ D’ESPRESSIONE E DELLA FAMIGLIA

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Proseguono le iniziative de LA MANIF POUR TOUS ITALIA per tutelare la libertà di pensiero e di opinione (art. 21 della Costituzione) e la famiglia naturale, quella di cui parla la nostra Costituzione agli articoli 29, 30, 31, basata sul matrimonio tra uomo e donna. La petizione in difesa della famiglia, lanciata lo scorso 5 dicembre, ha già raggiunto le 17.000 adesioni. Ma l’attacco alla famiglia e alla libertà di espressione prosegue e la nostra protesta non può fermarsi.

Il prossimo passo è sabato 11 gennaio, alle ore 15.30 in Piazza Santi Apostoli a Roma, con una nuova manifestazione per la libertà di espressione. Un evento pubblico, per dire il nostro “No” alla legge bavaglio Scalfarotto, per ribadire che la libertà di espressione è sacrosanta, per difendere la famiglia e il futuro della nostra società.

Ci accompagneranno politici, associazioni familiari, esponenti del mondo cristiano ebraico e musulmano, e movimenti homosex contrari alla legge.

Interverranno:
Francesco Belletti (Presidente del Forum delle Associazioni Familiari); Guido Guastalla (Comunità Ebraica di Livorno); Luca Volontè ( Direttore generale Fondazione Novae Terrae); Pietro Invernizzi (Portavoce delle Sentinelle in Piedi); Jean-PierDelaume- Myard (Portavoce Homovox); Gianfranco Amato (Associazione Giuristi per la Vita)

Aderiscono all’evento:
Associazione Arkè – Associazione Giuristi per la Vita – Associazione Nazionale Famiglie Numerose – Associazione Culturale Identità Europea – Comitato della Famiglia – Comitato “Si alla Famiglia”, Torino – Europei per la Manif – Gruppo Lot – Movimento per la Vita – Movimento Europeo per la difesa della vita – Sentinelle in Piedi – Notizie Pro Vita

Voci dalla Politica:
Sen. Laura Bianconi, Sen. Maurizio Gasparri, On. Gian Luigi Gigli, Sen. Carlo Giovanardi, Sen. Lucio Malan, On. Massimiliano Fedriga, On. Giorgia Meloni, On. Nicola Molteni, On. Alessandro Pagano, On. Eugenia Roccella, Sen. Maurizio Sacconi, On. Mario Sberna.

Perché la battaglia per la famiglia è trasversale, non possiamo piegarci alla dittatura del pensiero unico, il futuro riguarda tutti.

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Sostieni la Famiglia

Carissimo Amico,

il mondo in cui viviamo mette in costante discussione la cellula fondamentale della società civile, cioè la famiglia.

Un bene così prezioso e fondante ha difficoltà a sopravvivere nel contesto quotidiano.

In questo contesto nasce La Manif Pour Tous Italia, un’associazione senza fini di lucro dal carattere totalmente apartitico e aconfessionale, che ha come scopo la mobilitazione di cittadini italiani di tutte le confessioni religiose, politiche e culturali contro le recenti proposte di legge su omofobia e transfobia, teoria del gender, matrimoni e adozioni a coppie omosessuali.

Il nostro scopo è garantire la libertà di espressione, preservare l’unicità del matrimonio tra uomo e donna ed il diritto del bambino ad avere una madre e un padre.

Cerchiamo persone che, condividendo i nostri ideali, possano sostenerci in questa battaglia.

Ti scriviamo sperando che voglia aiutarci ad affrontare le spese concrete che ci si presentano.

Potresti aiutarci ora con una piccola donazione?

Modalità di sostegno:

- donazione tramite carta di credito / paypal al seguente link

- donazione tramite Bonifico Bancario:

Associazione LMPT Italia

IBAN: IT 91 V 03268 03212 052308538760

BIC (CODICE SWIFT): SELBIT2BXXX

Nel ringraziarti per il tempo che ci hai dedicato, e sperando nel tuo supporto, ti porgiamo i nostri più cordiali saluti.

Il Comitato
La Manif Pour Tous – Italia
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I Dieci comandamenti LGBT per i giornalisti

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Il 13 dicembre L’UNAR, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali del Ministero delle Pari Opportunità, sinora noto soprattutto per la catechesiprogender di cui ha fatto oggetto gli insegnanti, ha pubblicato un documento rivolto ai giornalisti intitolato «Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone LGBT». Tale documento rappresenta un’anticipazione di ciò che l’Italia sta per compiere per “stare al passo dei Paesi più civili”, vale a dire una «legislazione specifica» contro l’omofobia che contemplerà per i professionisti nello specifico non solo il deferimento all’Ordine ma anche la reclusione. Dieci sono gli obbighi a cui attenersi per non andare incontro alle sanzioni previste per i trasgressori:

I: Non confondere il sesso con il genere. Il sesso è una caratteristica anatomica, ma ognuno sceglie se essere uomo o donna «indipendentemente dal sesso anatomico di nascita».

II: Di fronte ai “Coming out” non si dovrà parlare di «gay esibizionisti” bensì  sottolinearne gli aspetti positivi come il coraggio di chi si rende visibile.

III: Considerare il termine “lesbica” un complimento.

IV: Sempre in merito al “femminile”, se un transessuale si sente donna il giornalista deve scrivere «la trans» e non «il trans».

V: Non associare transessuali e prostituzione. E invece di parlare di prostitute o prostituti si usi piuttosto l’espressione «lavoratrice del sesso trans».

VI: Educare i lettori ad una opinione benevola sul «matrimonio» omosessuale”, o su “altro istituto ad hoc per il riconoscimento dei diritti LGBT». L’idea base da inculcare è che «il matrimonio non esiste in natura, mentre in natura esiste l’omosessualità» mentre non vanno presi in considerazione «i tre concetti: tradizione, natura, procreazione», indizio di omofobia, sempre ricordando che il «diritto delle persone omosessuali ad avere una famiglia è sancito a livello europeo».

VII: vietato parlare di «matrimonio tradizionale» e, per contrasto di «matrimonio gay», traducendolo come «matrimonio fra persone dello stesso sesso»

VIII: Per l’argomento adozioni vietato sostenere che il bambino «ha bisogno di una figura maschile e di una femminile come condizione fondamentale per la completezza dell’equilibrio psicologico», un «luogo comune», smentito dalla «letteratura scientifica». Così come parlare di «utero in affitto», espressione «dispregiativa», da sostituire con la più elegante «gestazione di sostegno».

IX: I conduttori televisivi quando nelle trasmissioni vengono trattati questi temi non sono obbligati al contraddittorio poiché «Non esiste una soglia di consenso prefissata, oggettiva, oltre la quale diventa imprescindibile ilcontraddittorio».

X: I fotografi nei loro reportages ai “Gay Pride” sono invitati a evitareimmagini di persone «luccicanti e svestite».

Inoltre al proposito del “dovere di cronaca” che obbliga a riportare tutte ledichiarazioni, anche quelle «di politici e rappresentanti delle istituzioni»non del tutto allineati, i discorsi contrari vanno virgolettati, sottolineaticome sbagliati, contrapposti a quelli di rappresentanti delle organizzazioni LGBT, che andranno tempestivamente intervistati. Si raccomanda inoltre una«particolare attenzione nella titolazione».

In fondo queste linee guida per i giornalisti hanno involontariamente un grande merito, quello di rendere esplicito cosa sarà davvero vietato dalla legge contro l’omofobia. “Altro che proteggere le persone omosessuali – com’è giusto che sia, e come già affermano le leggi in vigore, da insulti, minacce e violenze. Qui si tratta della dittatura del relativismo, senza sottigliezze e senza misericordia. Fermiamo questa macchina impazzita prima di ritrovarci tutti in un Gulag gestito da militanti LGBT.”

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FIRMA PER AFFERMARE IL VALORE DELLA FAMIGLIA FONDATA SUL MATRIMONIO TRA UOMO E DONNA

Ciao,

ti scriviamo per invitarti ad aderire alla seguente iniziativa su CitizenGO, a sostegno della famiglia, della libertà di opinione e della libertà educativa (http://www.citizengo.org/it/1122-supporto-famiglia).

Ci rivolgiamo alle massime cariche dello Stato (Presidente della Repubblica e presidenti di Camera e Senato) e ai presidenti dei gruppi parlamentari dei due rami del Parlamento, chiedendo un impegno legislativo a tutela della famiglia fondata dal matrimonio tra uomo e donna. Questi interventi legislativi sono ancora più urgenti in un momento in cui alcuni disegni di legge attualmente in discussione (come la cosiddetta “legge contro l’omofobia”) rappresentano un tentativo di liquidare l’istutizione della famiglia autentica.

Inoltre, tale tipo di provvedimenti rischia seriamente di non rispettare la libertà di opinione e di credo religioso di chi non intende attribuire a unioni differenti dalla famiglia gli stessi dispositivi giuridici (ad esempio, l’adozione) riservati a essa. Infine, come è evidente dalla diffusione di documenti e linee guida a livello di istituzioni europee e internazionali, è urgente riaffermare la libertà costituzionale di educazione dei genitori, che rischia di essere negata in ambiti delicati dello sviluppo del bambino (come nel caso dell’insegnamento obbligatorio dell’educazione sessuale).

In un momento di evidente crisi della politica italiana, invitiamo i rappresentatnti delle istituzioni e dei partiti a non dimenticare l’importanza sociale ed etica della famiglia e ad adoperarsi in sede parlamentare per la sua difesa e promozione e non contro di essa. Se desideri unirti all’appello, ti invito a sottoscrivere e diffondere tra i tuoi contatti questa petizione (http://www.citizengo.org/it/1122-supporto-famiglia).

Grazie per il tuo impegno.

Il Comitato
La Manif Pour Tous – Italia
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IL PARLAMENTO EUROPEO BOCCIA LA RELAZIONE ESTRELA

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Il 10 dicembre, in coincidenza con la Giornata mondiale dei Diritti Umani, il Parlamento Europeo ha bocciato la “relazione Estrela”, che promuoveva l’aborto come diritto umano, la fecondazione assistita e la «teoria del gender». Il rapporto è stato proposto dall’eurodeputata socialista portoghese Edite Estrela, da sempre decisa a incoraggiare un’educazione sessuale adeguata per i bambini, nel nome di una lotta decisa contro ogni discriminazione di genere e di una cultura della contraccezione che possa garantire la prevenzione di gravidanze indesiderate. Le proposte della Estrela, se approvate, avrebbero portato gli Stati membri dell’UE a garantire a tutti, anche giovanissimi, aborto (senza consenso dei genitori), contraccezione, fecondazione assistita, rieducazione degli insegnanti, corsi obbligatori a scuola sull’identità di genere e contro la discriminazione delle persone LGBTI, su cui dare «un’opinione positiva».

L’iniziativa ha prevedibilmente scatenato la forte reazione delle associazioni e degli attivisti più conservatori, che, nei mesi scorsi, in attesa del voto all’europarlamento, sono stati impegnati in manifestazioni e proteste contro le direttive del rapporto Estrela. Nonostante il testo sia stato bocciato con 7 voti di scarto (327 favorevoli, 334 contrari, 35 astenuti), le proposte dell’eurodeputata di origine portoghese hanno ricevuto il sostegno di illustri associazioni che da sempre combattono per i diritti fondamentali dell’uomo (e, in particolare, delle donne): tra queste ci sono la European women lobby e l’Europeanparliamentary forum on population and development. Anche Amnesty International ha espresso la propria solidarietà al progetto progressista di Edite Estrela, definendo il testo presentato all’europarlamento come «un atto di forte consenso politico, capace di assicurare nel futuro il positivo sviluppo del diritto degli individui di controllare le proprie scelte sessuali e riproduttive, la loro integrità e dignità fisica, nonché la libertà dalla violenza, dalla coercizione e dalla discriminazione».

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LOVEISRIGHT HA TOLTO LA MASCHERA ALL’IPOCRISIA

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La comunità LGBT italiana ha organizzato a Roma sabato 7 dicembre a Piazza SS Apostoli una manifestazione nazionale per “avviare una stagione di mobilitazione su una piattaforma di richieste da decenni inevase”. L’iniziativa che ha preso il nome di LOVEISRIGHT è stata presa “per non cedere al vittimismo” e “proporre con chiarezza” come obiettivi i seguenti punti: -Il matrimonio egualitario per le persone omosessuali -Altri istituti che tutelino le coppie di fatto lesbiche, gay ed etero -Il riconoscimento e la tutela della genitorialità omosessuale -Il cambio dei dati anagrafici senza l’obbligo di interventi di riattribuzione dei genitali per le persone transessuali -La riscrittura della legge 40, che regola nel nostro paese la fecondazione assistita

Le associazioni promotrici (Agedo, Arcigay, ArciLesbica, Associazione Radicale Certi Diritti, Equality Italia, Famiglie Arcobaleno) hanno sottolineato che da qui “bisogna ripartire per pensare a un’azione stabile e duratura nel tempo”. Questo sì che significa parlar chiaro; finalmente la prima cortina fumogena è saltata e ha avuto ragione chi, Manifpourtous in testa, sosteneva che la cosiddetta “legge contro l’omofobia” non era che il grimaldello per far saltare il primo ostacolo e aprire la strada a tutte le richieste successive, contenute in maniera esplicita nella piattaforma di Loveisright. Almeno possiamo dire che da adesso in poi si gioca a carte scoperte, senza infingimenti e “vittimismi” di sorta.

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LA CROAZIA SCEGLIE LA FAMIGLIA NATURALE

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Dall’esito referendario della Croazia emerge chiaramente che QUANDO AL POPOLO È LASCIATA LA POSSIBILITÀ DI ESPRIMERSI, SCEGLIE LA FAMIGLIA NATURALE. Malgrado una violenta opposizione laicista (da parte di Governo, stampa ed Università) che ha cercato di impedire la consultazione referendaria, scoraggiando così la partecipazione al voto, che anche per questo motivo è stata bassa (35%), la Croazia ha detto no alle nozze gay: il 65% dei votanti ha scelto di inserire nella Costituzione il divieto ai matrimoni omosessuali. E’ ovvio a tutti che i non votanti intimoriti dalla presa di posizione di Governo e stampa, in particolare, sono stati proprio i sostenitori del SI. In questo quadro il risultato è eccellente. Certo, ora gli altri governi, compreso il nostro, saranno sempre più convinti dell’opportunità di TOGLIERE ALLA GENTE LA LIBERTÀ D’ESPRESSIONE, cominciando ad approvare leggi contro l’omofobia (ove non siano già oltre). Noi, comunque, dal voto croato, dobbiamo trarre motivazioni nuove e spunti nuovi per le nostre iniziative, a favore della libertà d’espressione e della famiglia naturale.

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LETTERA APERTA AL SINDACO DI VENEZIA ORSONI E AL CONSIGLIO COMUNALE VENEZIANO”

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Fatti incresciosi vengono orditi dalle istituzioni cittadine all’insaputa e in danno delle famiglie veneziane e delle loro legittime e naturali prerogative. Sciolto da un concreto vincolo di rappresentatività democratica mai espresso in merito dai suoi cittadini, il Comune di Venezia si appresta a condurre una violenta e radicale rivoluzione nell’educazione dei figli dei veneziani, specialmente i più piccoli, sulla spinosa e delicata questione dell’identità e del ruolo della famiglia nella società in rapporto agliorientamenti sessuali degli individuii. Lo scopo dichiarato delle iniziative politiche in corso è quello di far tabula rasa del patrimonio antropologico e culturale che da sempre vivifica le elementari relazioni umane e sociali della nostra comunità, ricco patrimonio che ora è screditato come fardello pieno di “stereotipi” discriminatori e nulla più.

 A Ca’ Farsetti c’è chi lavora sodo per stravolgere dalle fondamenta l’approccio tradizionale che riconosce alla famiglia il diritto (e il dovere) di educare i propri figli secondo la visione antropologica che ritiene più autenticamente diretta all’integrale sviluppo umano, specialmente in un ambito così determinante per l’equilibrata maturazione psicofisica e morale dei fanciulli. Le prove tecniche di questo nuovo dirigismo etico sono già in atto per impulso diretto – ancorché, si vuole sperare, forse non pienamente consapevole – del sindaco Orsoni.

Due i fronti principali aperti. Da una parte, la foga a dir poco ideologica della neo-delegata a “Diritti civili, Politiche contro le discriminazioni e Cultura Lgbtq (lesbian gay bisex transgender e queer)”, la consigliera Camilla Seibezzi, che ha meticolosamente pianificato la scomparsa della realtà familiare eterosessuale dalla documentazione burocratica ed istituzionale della città (anche con la nota sostituzione di “padre – madre” con “genitore”), perché, sostiene la consigliera, per «abbattere gli stereotipi … è necessario cominciare dal basso, con azioni politiche che incidano sulla pratica quotidiana». Azioni politiche arbitrarie e mistificatorie di cui nessuno, nemmeno la categoria che si dice di voler tutelare, ha mai sentito la pratica necessità, mentre mortificano invece una realtà sociale capillarmente diffusa e radicata.

 D’altro canto, ancor più grave l’iniziativa assunta dall’Assessorato Politiche Educative e Politiche per la Famiglia presieduto da Tiziana Agostini. L’Assessorato ha predisposto un “Piano Formativo” con cui rieducare il personale insegnante dei nidi e delle scuole d’infanzia del Comune secondo la più spericolata rilettura dell’identità e del ruolo della famiglia nella società, affinché i bambini che frequentano le scuole siano plasmati da nuovi criteri di discernimento circa la relazione fondamentale tra il genere sessuale e le relazioni familiari naturali. Scopo dei corsi è quello di eliminare dall’impianto educativo dei minori ogni considerazione che non accolga l’idea per cui possono sussistere delle differenze tra una famiglia fondata sull’unione tra un uomo e una donna e un’unione omosessuale.  In tal senso, la preferenza che si può voler accordare al primo modello, per altro con il conforto del dato normativo supremo della Costituzione italiana, è bollata anch’essa come mero “stereotipo” da emendare. Ciò che è più grave è che non si sia sentito necessario coinvolgere le famiglie dei bambini, destinatari ultimi dell’intera macchinazione. Questi corsi sono in atto mentre scriviamo: proprio in questi giorni insegnanti e operatori scolastici apprendono tecniche di relazione psicoattitudinale ideologicamente faziose i cui frutti saranno reindirizzati all’educazione dei bambini. Rigorosamente all’insaputa dei loro genitori. Tutto ciò è semplicemente inaccettabile.

Alla luce di questi tentativi di elusione dei diritti e delle libertà educative delle famiglie veneziane, esortiamo in tal modo i rappresentanti del Comune di Venezia:

- il sindaco Orsoni si assuma la responsabilità istituzionale di pronunciare in modo completo e manifesto la propria posizione circa il merito e il metodo delle iniziative assunte sotto il suo patrocinio politico, attivandosi nelle scelte più opportune conseguenti ad una sua eventuale contrarietà all’operato dell’assessore Agostini e della delegata Seibezzi;
- il Consiglio Comunale si mantenga vigile, in termini obiettivi e ragionevoli, quanto alle suddette attività, salvaguardando le prerogative e i diritti delle famiglie nel momento dell’educazione psicofisica e morale dei loro figli; si esprima dunque contrariamente quando questi principi supremi dovessero essere messi in dubbio al momento delle votazioni assembleari.

La Manif Pour Tous Italia

Comitato di Venezia

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Sono ben altre le bandiere che vorremmo veder sventolare

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“L’Assemblea capitolina ha approvato all’unanimità una mozione con la quale impegna il sindaco ad esporre sulla Piazza del Campidoglio, dal 9 al 15 gennaio, la bandiera con i colori dell’arcobaleno. L’iniziativa fu lanciata dopo il suicidio, nella notte di un giovane che in una lettera parlò di vessazioni a causa del suo orientamento sessuale. Inoltre il 13 gennaio 2014 si terrà in comune un consiglio straordinario per trattare il tema dell’omofobia.” Così le agenzie di stampa.

Diventa sempre più difficile ragionare con calma su un argomento così delicato come l’omosessualità e la sua approvazione sociale, con le sue implicazioni di carattere psicologico, culturale, antropologico, fare le dovute distinzioni in merito tra la dimensione privata e quella pubblica, rintracciarne cause ed effetti senza pregiudizi di parte, di fronte ad una onda in piena che tende a travolgerci tutti, omosessuali in primis. E’ molto triste constatare che si cerca di approfittare di qualsiasi occasione, anche la più dolorosa come quella di un ragazzo che si è tolto la vita, per forzare la mano alla comunità e imporre passaggi da cui far discendere poi conclusioni che a bocce ferme rischierebbero di non riscuotere il consenso necessario. Ci riferiamo qui al disegno che prevede, in sequenza, una legge contro l’omofobia, una sui “cosiddetti” matrimoni gay, e un’altra sulle adozioni delle coppie omosessuali, che pur non essendo state argomento di campagna elettorale né a livello nazionale né tantomeno comunale, stanno però diventando obiettivi centrali dell’azione politica. E’ per l’appunto con questa prospettiva, che, nello specifico, a Roma si tenta e tenterà di far passare l’idea, con iniziative come questa della “bandiera rainbow”, che la città sia omofoba e che come tale le vittime della presunta persecuzione necessitino di una tutela specifica, come se l’attuale ordinamento giuridico fosse manchevole da questo punto di vista e debba essere integrato da “leggi speciali”. Al contempo si vuoleingenerare una sorta di senso di colpa collettivo “a prescindere”, per metter in soggezione i possibili contestatori e poter così chiudere tutte le bocche e permettersi le mani libere su qualsiasi tipo di provvedimento. La domanda che pertanto dovremmo porci tutti è se ciò che sta avvenendo sia davvero un processo spontaneo o piuttostovenga diretto ad arte per i fini di quelli che si configurano come gruppi di potere trasversali e transnazionali che coi i drammi veri delle persone hanno ben poco a che vedere, fatta eccezione per le speculazioni e le strumentalizzazioni gestite al momento giusto. Sono ben altre le bandiere che vorremmo veder sventolare sui pennoni dei nostri comuni, in rappresentanza di istanze reali e non artatamente costruite e lo diciamo con il dovuto profondo rispetto di tutti quelli che soffrono vere forme di discriminazione.

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Per la libertà di opinione.