Sul fronte della difesa del matrimonio e dei diritti dei figli, quindi della promozione della famiglia, quelli che ci aspettano saranno mesi ad alta tensione. Il disegno di legge “Cirinnà” che istituisce le Unioni Civili tra due persone dello stesso sesso e le parifica al matrimonio, aprendo all’adozione di minori interna alla coppia, è ormai a un passo dall’approvazione in Commissione Giustizia al Senato. Dopodiché, forse già entro marzo, toccherà all’esame dell’Aula intera e s’imporrà, ci auguriamo, come tema forte di dibattito pubblico. Forse allora capiremo in che modo intende davvero gestire l’affare Matteo Renzi, che da sempre promette la regolamentazione delle convivenze tra persone dello stesso sesso (presunte omosessuali) allo zoccolo progressista del suo elettorato, senza mai però sbilanciarsi su una tempistica definita. Intervistato mesi fa dall’Avvenire, disse che il ddl Cirinnà sarebbe stato “superato” da una proposta del Governo, allo stato però non pervenuta.
È chiaro che il Cirinnà costituirà la base del dibattito tra i partiti, e in quel frangente dovremo usare tutta la nostra capacità espressiva per smascherare l’operazione di rottamazione ideologica della famiglia fondata sull’unione tra un uomo e una donna, cellula elementare della società. Faremo capire all’opinione pubblica italiana che si sta cercando di introdurre anche nel nostro ordinamento l’incoerente concetto di “matrimonio gay”. Abbiamo dalla nostra gli incoraggianti dati diffusi in settimana dall’Eurispes, secondo cui in un solo anno gli italiani contrari alla modifica (noi diciamo abolizione) del matrimonio sono aumentati dell’8,5%, raggiungendo il 59,7%. Inoltre i favorevoli alle Unioni Civili – avendo colto il tranello in atto – sono calati di ben il 14,2%.
Un momento importantissimo in questo quadro di circostanze è stato ovviamente quello dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Sebbene il Capo dello Stato non abbia poteri decisivi sull’iter legislativo di cui si tratta (non potendo rifiutarsi, in ultima istanza e salvo dimettersi, di promulgare una legge approvata dal Parlamento), è chiaro che le sue considerazioni di ordine generale anche solo quanto a un discorso di priorità possono avere effetti significativi su equilibri politici già precari. In merito a questo abbiamo seguito a distanza ma con interesse un appassionato scambio di opinioni tra compagni di questa avventura in nome (e per conto) della famiglia, su quanto l’elezione di Sergio Mattarella possa significare un aumento di garanzia o, al contrario, di rischio per le nostre speranze. Che provenga dal mondo politico del cosiddetto “cattolicesimo democratico” (l’ala sinistra della Democrazia Cristiana) è un buon viatico o un’estrema unzione? Ne è scaturita poi una diatriba dall’aspetto para-teologico sul rapporto tra fede, dottrina e impegno politico che a noi della Manif non compete nemmeno comprendere nella sua eventuale fondatezza. La Manif nasce infatti dalla convinzione di dimostrare che non si tratta di discorsi (necessariamente) religiosi, ma del tutto laici e razionali.
Che cosa pensiamo dell’elezione di Sergio Mattarella? Quel che si sa per certo è che è personalmente favorevole ad una forma di intervento legislativo sul modello dei Di.Co. di bindiana memoria (sepolti dal Family Day del 2007 a Roma, che per la cronaca vide l’adesione più che benevola dello stesso Renzi, allora Presidente della Provincia di Firenze). Un istituto accessibile a coppie di persone di sesso diverso o uguale, che prevedeva una serie di agevolazioni nei rapporti tra i conviventi in diversi ambiti (sanitario, patrimoniale, lavorativo, previdenziale, etc), che mostrava notevoli criticità ma che certamente non creava il sistema di riconoscimento di una “Unione” di rilevanza pubblica in tutto e per tutto concorrente al matrimonio, come accade col ddl Cirinnà. Si aggiunga poi l’espresso riferimento al “pieno sviluppo dei diritti civili nell’ambito personale e affettivo” nel discorso alle Camere riunite dopo il suo giuramento. Un passaggio salutato dal movimento gay come foriero di buone notizie per il prossimo futuro. Questo basta per fugare la speranza che il Presidente sia di quelli che “su questi temi non deve passare nemmeno mezzo comma”.
D’altro canto bisogna anche avere la capacità di apprezzare (nel senso di dare il giusto prezzo) quei profili tutt’altro che banali di quanto esternato dal Presidente Mattarella, che possono influire a nostro favore nel momento dell’estremo pericolo e bisogno. Ben prima del passaggio sull’affettività richiamato, infatti, nel suo discorso il Presidente aveva ricordato l’urgenza di “sostenere la famiglia, risorsa della società”. Sarebbe un errore non dare il giusto peso all’onesta accortezza di separare sistematicamente e concettualmente questi ambiti, oggi ideologicamente riuniti in un’unica e indefinita espressione di “amore” da così tanti attori del dibattito pubblico. Si badi bene che il Presidente ha definito la famiglia “risorsa della società”, confermandone l’ineludibile rilevanza pubblica per il bene comune, mentre l’ambito di sviluppo dei diritti civili rimane quello “personale e affettivo”. Questa prospettiva ci conferma una cosa che effettivamente appariva comunque indubitabile, data l’identità umana e culturale dell’uomo, e cioè la sua contrarietà ad una ideologica confusione tra la famiglia e altre formazioni sociali fondate sull’affetto reciproco di chi vi sviluppa la propria personalità. Come detto più sopra, in momenti di estremo pericolo questa salda radice potrebbe rivelarsi un appiglio importante.
Ad ogni modo, anche noi de La Manif Pour Tous Italia vogliamo dire la nostra sul peso che il Presidente Mattarella potrà avere nei mesi che verranno; e la nostra opinione è questa: comunque la pensi e qualsiasi cosa vorrà fare, non sarà dal suo operare che verrà la giustizia che cerchiamo. La salvezza non verrà dall’alto. Il Presidente potrà forse aggiungere qualche personale notazione ai piani del Governo o ai lavori del Parlamento, ma non sarà comunque questo a risultare decisivo. La verità è che in questa grande sfida per il bene dell’uomo e della società, la differenza la faremo noi, il popolo.
Sul finire della sua trilogia, Tolkien così fa parlare Ganfdalf il Bianco: “Non tocca a noi dominare tutte le maree del mondo; il nostro compito è di fare il possibile per la salvezza degli anni nei quali viviamo, sradicando il male dai campi che conosciamo, al fine di lasciare a coloro che verranno dopo terra sana e pulita da coltivare. Ma il tempo che avranno non dipende da noi”.
Chi siamo noi? I coltivatori o gli eredi dei campi? Noi siamo entrambi. Siamo eredi di terra sana e pulita ricevuta da chi l’ha lavorata prima di noi, e allo stesso tempo coltiviamo questi campi perché sopravvivano (anche) alla nostra generazione per il bene di quelle future. Il tempo di quelle generazioni non dipende da noi.
Ma il nostro sì. Prepararsi alla battaglia.